Il
porticciolo si allontana fino a sparire dalla vista. Il mare è calmo e il
gommone ondeggia quel tanto che basta a prendere velocità. Dietro di noi una
lunga scia di schiuma bianchissima squarcia l’ azzurro dell’ acqua. Il sole è
accecante; caldo e forte già nelle prime ore del mattino.
Ettore è al posto di comando: armeggia con pulsanti e bottoni vari mentre
prendiamo velocità. Vira a destra, oltre i porticcioli più lontani dalle case,
verso il mare aperto.
‘Leni ricordi quell’ insenatura, a Nord della costa, dove andavamo sempre a
fare il bagno?’ mi urla Ettore per coprire il rumore del motore.
‘Si’ gli dico. La ricordo perfettamente. Non c’è roccia, né scoglio, ne
spiaggia, di quel posto che non sia disegnato nella mia memoria con un
pennarello indelebile. Quante lacrime ho
versato sulle foto che ritraevano felici in quel posto?
Un pensiero si insinua nella mia mente: possiamo ancora essere felici in quel
luogo?
‘Ti va di tornarci?’ chiede Ettore distogliendomi dai miei pensieri. Le sue
mani sono ferme sul timone di resina e radica lucida. Guarda dritto di fronte a
se fissando il misto d’ azzurri di mare e cielo.
‘Perché no’ gli rispondo. Tanto vale godersi la giornata, mi dico tra me e me.
Il presentimento che questa giornata si rivelerà tutt’ altro che piacevole è
sempre in agguato ma decido di ignorarlo, è inutile negare l’ evidenza: io
voglio essere qui.
Mi siedo sul sedile dietro il posto di comando. La mia coscia sinistra è a
pochi centimetri dal corpo scolpito di Ettore. Mi scotto il sedere, dato che il
sedile era stato esposto al sole tutta la mattina, ma decido di rimanere
seduta. Non è una decisione volontaria: i miei muscoli non rispondono agli
stimoli celebrali. Sono sopraffatta.
‘Non torno in quelle calette da anni’ mormoro. Il rumore del motore e dell’
acqua che si alza è talmente forte che Ettore non può sentirmi.
‘Sai che non ci torno da quella volta?’ chiede lui voltandosi di un quarto di
giro.
Gli sorrido. Un sorriso amaro perché capisco a cosa si riferisce e dolce
insieme perché, nonostante gli anni e gli eventi, la sintonia dei nostri
pensieri sembra intatta. Ettore ricambia il sorriso mostrando la sua dentatura
perfetta, ho sempre adorato il modo in cui mi mordeva quando mi baciava sul
collo, e si volta nuovamente. Alza gli occhiali da sole sulla testa e stringe
gli occhi affinché le sue pupille si abbituino alla luce.
Mi appoggio allo schienale del sedile e lascio che l' aria fresca mi coccoli.
Il caldo tornerà non appena butteremo l' ancora e le goccioline d' acqua salata
lasceranno il posto a piccole perle di sudore.
I dorsali scolpiti di Ettore si muovono al ritmo del suo respiro. L' incavo che
percorre la colonna vertebrale è armonioso come lo ricordavo. Le sue braccia,
coperte da una leggera peluria castano chiara, ondeggiano seguendo i movimenti
del gommone che si alza e si abbassa sulle onde.
Ci pieghiamo leggermente verso sinistra, attraversando uno specchio d' acqua
più scuro, e seguiamo la corrente fino alla prima fila di insenature. Qui,
solitamente, l' acqua è gelida anche a luglio. L' incrocio delle correnti
provenienti dal Nord fa si che nemmeno i raggi caldi del sole estivo riescano a
riscaldare l' acqua.
La nostra caletta è la quinta partendo da sinistra, una decina di miglia più
avanti dal punto in cui ci troviamo ora, verso est. Il fondale è abbastanza
profondo affinché l' ancora non si incagli sugli scogli ma visibile con una
maschera subacquea. All' interno dell' insenatura, un gruppo di rocce piatte e
liscie, levigate da secoli di maree, formano un semicerchio lucido che somiglia
ad un divano di pelle.
'Siamo vicini, preparati a buttare l' ancora' mi ordina Ettore come se l'
avessimo fatto il giorno prima e quello prima ancora. E, stranamente, la sua
confidenza è contaggiosa. Mi alzo dicura e mi dirigo verso la punta del
gommone. Apro il vano in cui è conservata l' ancora ed esco la punta, pronta a
buttarla in acqua.
'Ora Leni' mi grida Ettore. Spingo il pesante pungiglione dell' ancora e la
guardo affondare velocemente. Ettore mette a folle e spegne il motore.
Il mare è piatto come una tavola. L' acqua forma uno specchio cristallino e
trasparente attorno all' apertura dell' insenatura.
'Perché sei ancora vestita? Ti ho vista centinaia di volte con molto meno di un
costume addosso; non sarai diventata timida?' mi provoca Ettore.
Mi alzo, sono ad un passo da lui, posso sentire il suo respiro leggermente
allungato. Libero i capelli dall' elastico che li teneva fermi in una coda di
cavallo e sfilo velocemente il caftano.
Ettore mi accarezza con gli occhi. Parte dal seno, non troppo grande ma nemmeno
invisibile; scende sul ventre attraverso lo sterno e circumnaviga l' ombellico
fino a spostarsi sulle coscie. Sono esattamente come mi ricordava: i miei nei
sono ancora li dove li aveva lasciati; la piccola voglia di fragole che ho sul
ventre non si è spostata di un millimetro.
Il mio orgoglio si gonfia mentre vedo che gli piaccio. Gli piaccio ancora dopo
tutti questi anni. Gli piaccio ancora nonostante tutte le donne che sono
passate sul suo corpo; chissà se ha mai guardato qualcun altra come guardava
me, come guarda me in questo momento.
I suoi occhi ardono come la brace e mi seguono mentre mi sposto agilmente,
superandolo. Metto un piede sul bordo del gommone e mi lascio scivolare in
acqua con un tuffo di testa.
La sensazione di freddo sulla pelle bollente è rigenerante. Sento le cellule
del mio cuore prendere un sospiro: su quella barca la situazione rischiava di
infuocarsi; di infuocare noi due.
Riemergo lentamente mentre i capelli mi solleticano la schiena e si schiacciano
sulla nuca appena fuori dalla superficie.
'Com' è l' acqua?' chiede Ettore. E' seduto, con le gambe penzole, sul bordo
del gommone. Le braccia sono tese in mezzo alle gambe e i muscoli tesi. I
capelli riluccicano al sole mentre mi sorride.
'Fredda. Come la ricordavo'
'Hai una buona memoria'
'Purtroppo si'
'Perchè dici purtroppo?' chiede serio Ettore.
'Perché ricordo anche il motivo per cui qui non ci siamo più tornati' ammetto.
Sembra strano, ma nemmeno quando stavamo insieme mi sentivo così libera di
esprimere a parole quello che pensavo o che sentivo.
Ettore si fa scuro in volto. Alza il mento e distoglie lo sguardo puntandolo
verso un punto indefinito davanti a lui. L' ultima volta che siamo venuti in
questo posto è stato tre giorni prima della nostra rottura. I nostri litigi
erano diventati sempre più frequenti: era diventato ormai raro verderci in
pace. Tra di noi era calato un sipario di astio e rancora da cui non riuscivamo
a venir fuori. Era un continuo rinfacciarsi tutto; persino uno sguardo
sbagliato poteva accendere un incendio.
'Io non ti ho mai tradita, Leni' dice ad un tratto. Ondeggia lentamente il
piede sinistro avanti e indietro, muovendo l' acqua altrimenti immobile.
Soppesp per un attimo quello che mi ha appena confessato.
'Non è quello che mi hai detto cinque anni fa' protesto.
'Tra di noi era diventato impossibile. Tu vedevi una minaccia in ogni donna che
mi passava accanto. Non ti fidavi di me e questo ci stava facendo impazzire'
ammette.
'Ed è per questo che ti sei scopato quella puttanella da quattro soldi?' il mio
tono è aspro. Muovo i piedi più velocemente mentre mi tengo a galla.
'Questo è quello che ho voluto che tu credessi' sospira Ettore.
'Cos' era? Una punizione? Una prova da superare?' chiedo. Non riesco a credere
alle mie orechcie.
Ettore si mette in piedi e si tuffa in acqua rompendo l' equilibrio del mare
calmo. Piccole onde si dipanano dal punto esatto in cui lui è entrato in acqua.
Riemerge alcuni metri più avanti, a pochi passi da me. Le gocce d' acqua gli
gocciolano ai bordi delle mascelle somigliando a piccole lacrime amare. Con una
mano si porta i capelli indietro. Si avvicina piano, come uno squalo pronto
alla caccia. Si muove silenziosamente nell' acqua placida dell' insenatura che
non conosce le correnti.
'Non c'è stato un solo attimo, in questi cinque anni, in cui non mi sia sentito
un fottuto idiota. Ho lasciato che mi odiassi, che tu credessi che ti avevo
mentito e tradito e umiliato perché odiavo il modo in cui tu mi guardavi. E più
mi odiavo, più non riuscivo ad essere l' uomo di cui ti eri innamorata. La
verità è che forse ero troppo giovane. Ho voluto che soffrissi pensando che mi
fossi scopato Gabriella piuttosto che perché non ero capace di conquistare la
tua fiducia. Quando mi hai lasciato, quell' agosto, mi sentivo quasi libero:
pur amandoti avevo bisogno di respirare. Sono uscito con gli amici ma vedevo
te, noi, in ogni volto. Ogni mattina mi svegliavo chiedendomi come stessi, cosa
ti passasse per la testa; ogni sera mi
addormentavo sperando che tu dormissi tranquilla ma non riuscivo ad alzare il
telefono per chiedertelo. Ero libero dal tuo modo oppressivo di controllarmi,
non dovevo più rispondere al cellulare al primo squillo senza che tu pensassi
che ero chissà dove e con chissà chi. Negli ultimi mesi i tuoi occhi erano
sempre di un grigio accusatore; un velo di rabbia ed insicurezza era calato su
di loro e il tuo modo di guardarmi era diverso e più tu mi tiravi a te con
ricatti morali e scenate di gelosia, più io avevo bisogno di allontanarmi.
Quando mi sono reso conto che mi mancavi più dell' aria stessa ho provato a
ricontattarti ma di te non c' era traccia: il tuo cellulare era staccato; a
casa tua le mie chiamate venivavo deviate dalla cameriera. Non ti ho più vista
al mare ne in città: eri come sparita. Le tu amiche non mi dicevano dove fossi,
eri sparita da Facebook'
'Ero a New York: non è passato molto tempo tra la rottura e la mia partenza'
dico allibita. La sua confessione è sconcertante.
'Lo so, l' ho scoperto poco prima di capodanno, me l' ha detto tuo fratello.
Sono partito alla fine di gennaio di quell' anno, subito dopo la sessione d'
esami invernale. Quando ti ho vista, con quel grembiule rosso, affaccendata tra
i tavolini sulla vetrata coperta di neve e la macchina del caffé, quasi non ti
riconoscevo. E non perché fossi cambiata fisicamente. Erano i tuoi occhi ad
essere diversi, brillanti. La tua pelle era calda nonostante la neve e il gelo
intorno a te. Sorridevi in un modo che non vedevo da mesi. E poi ho capito: è
entrato un ragazzo alto, con i capelli castani e un paio di jeans scuri che ti
ha chiamato per nome; tu l' hai ragigunto e gli hai permesso di stringerti la
vita, di baciarti teneramente in quel punto, sull' angolo della bocca, che era
sempre stato mio. A quel punto capii che ti avevo persa. Avevo rinunciato a
tutto perché non ero stato capace di rassicurarti come meritavi; non avevo
combatutto abbastanza. Sono tornato in Italia e ho smesso di pensarti. Era
quasi una violenza; era come affrontare un lutto: le rotture sono peggio dei lutti. Perché il
cuore deve affrontare la perdita nonostante la persona che non abbiamo più
vicino sia ancora viva e vegeta. E' difficile da accettare di non poterla più
toccare, baciare, respirare, nonostante sia ad un colpo di telefono. E' un po'
come quando ti amputano una gamba: tu sai razionalmente che non c'è più; che
non è più attaccata al tuo corpo ma la senti ancora. Il tuo istinto ti dice di
metterti in piedi e camminare normalmente. Ma quando ti portano via una parte
importante è difficile andare avanti come se nulla fosse. Eppure, adesso, con
il senno di poi, anni ed anni dopo, posso dire di avercela fatta? Credevo di
si, fino a che non ti ho vista in quel supermercato. Cristo, Leni, è tornato
tutto a galla. Il modo in cui mi baciavi, il modo in cui il battito del tuo
cuore mi tranquillizzava; il tuo sorriso...'
Sento la pelle del viso tirare per il sole e la salsedine. L' ho ascoltato
assorta e stupita allo stesso tempo. Dentro di me una combinazione di
sentimenti a cui non riesco a dare un ordine logico. Cambia qualcosa sapere la
verità, adesso? Basta questa confessione per mandare a puttane tutti i
preparativi per il matrimonio?
Mi lascio scivolare sott' acqua con la speranza che l' acqua, che ormai
percepisco tiepida, mi aiuti a fare chiarezza. C'è così tanto con cui fare i
conti...
Continua...
Capitolo Superbo!
RispondiEliminaconcordo con claudia!
RispondiEliminacavoli... non me l'aspettavo!!
Oh, ora è un casino, lei ha fatto bene a lasciarlo pensando che la tradisse. Un uomo traditore non si perdona ma uno che ha finto? Non vedo l'ora di sentire il seguito!
RispondiEliminaI romanzi a puntate tipo nell'Ottocento, che bello.
RispondiEliminaSono proprio venuto a cercare un tuo post avendo un po' di tempo per leggere, è stato davvero piacevole.
L.
Quindi lui è ancora piu stronzo di quanto sembrava.
RispondiEliminaNon l'ha tradita e quando glielo confessa? A qualche mese dal matrimonio?
No, continuo a non sopportarlo...