mercoledì 12 ottobre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 5


"Patti chiari e amicizia lunga" gli dico mentre ascolto il suono del suo cuore come un bambino che si assopisce sul seno materno. Il mio respiro asseconda il battito mentre mi godo le ultime ore a Parigi appoggiata sul suo petto.
Enrico giocherella con una delle mie ciocche di capelli scuri mentre fissa il soffitto.
"Non mi va di non poter far vedere a tutti che ho conquistato la ragazza più bella di Vogue!"
"Ma smettila!"
"Ti fai condizionare troppo da quello che pensano gli altri. Anzi, peggio ancora, da quello che potrebbero pensare"
Mi alzo e mi metto sul fianco appoggiata sul gomito. Lo fisso. "Ti ho già spiegato quanto è importante per me" dico seria. "La massima segretezza è l' unica cosa che ti chiedo. O questo o niente!"
Enrico mi attira a se e mi bacia. Non mi stancherei mai di baciarlo.
"Vorrà dire che saremo dei novelli Romeo e Giulietta" sospira teatralmente.
"Speriamo di non dover fare la loro stessa fine" osservo divertita.
Enrico mi regala uno dei suoi sorrisi e riprendiamo da dove avevamo smesso. Di Parigi, questa volta, non ho davvero visto nulla.


Arianna ci aspetta agli arrivi dei voli internazioni a Malpensa. Il nostro volo da Parigi ha portato più di due ore di ritardo e lei ha pazientemente atteso leggendo un mucchio di riviste. Il cielo a Milano è minaccioso. Saette luminose rigano il nero della notte. Il silenzio è rotto dalla pioggia battente, dalle goccie troppo grosse per pensarle romantiche.
"Ce l' avete fatta finalmente" ci saluta Arianna.
"C'è un tempaccio qui a Milano. A Parigi sembrava primavera!" commento.
"Hai visto spesso il cielo a Parigi?" ammicca Enrico. Gli do una gomitata sullo stomaco ma sono io a farmi male. La sensazione di milioni di piccoli spilli mi attraversa il braccio.
Arianna ci guarda divertiti. "Immagino abbiate passato un buon fine settimana"
"Splendido" dice Enrico sfiorandomi la mano con le labbra.
"Alla faccia della discezione!" commento seccata. Arianna mi sorride complice.
Arriviamo alla macchina completamente zuppi. Da Malpensa al centro di Milano c' è quasi un' ora di macchina ma in tarda serata e con la pioggia battente sono poche le auto che incrociamo ed il viaggio non sembra poi così lungo. Enrico abita a poche centinaia di metri dalla redazione di Vogue, in piazza Cadorna, in un palazzo di fine ottocento. Quando arriviamo di fronte il portone del palazzo indicato da Enrico la pioggia si calma quasi volesse darci la possibilità di salutarci per bene.
"Allora ci vediamo domani mattina" mi sussurra lui mentre le sue labbra sono poggiate sulla mia fronte.
"Discrezione" gli dico seria.
"Si capo!"
"Non sembri dargli il giusto peso" commento.
"A me sembra che tu gliene dia troppo, invece"
"Dobbiamo ricominciare a discuterne?"
"Voglio discutere con te come abbiamo fatto negli ultimi due giorni. Peccato che la redazione abbia speso dei soldi per una camera in più che non serviva"
"Buona notte" dico.
"Sicura che vuoi andare?"
"Devo". Il suo abbraccio è caldo. La tranquillità che emana la riesco a sentire sulla pelle.
Enrico mi regala uno dei suoi baci. Quelli che mi fanno tremare le gambe.
Lo vedo allontanarsi e sparire dietro le pesanti porte dello stabile in cui abita. Le maniglie d' ottone sbattono leggermente quando il portone si chiude. Enrico è fuori dal mio campo visivo. D' improvviso mi manca il respiro. In che diavolo di situazione mi sto andando a cacciare?
Rientro in macchina, dove Arianna aspettava paziente, leggermente stordita.
"Inizia dal principio. Non tralasciare niente. Voglio i particolari. Quelli piccanti ovviamente!" dice mentre girà la chiave e il quadro si accende. Ingrana la prima e parte alla volte di Viale Monterosa.

E' lunedì mattina e piove a dirotto. E' lunedì mattina ma sembra notte. Il cielo è talmente scuro e carico di nuvole nere che me ne resterei a volentieri a letto. Mi sveglio con il buongiorno di Enrico: un semplice sms di poche parole per augurarmi buon lavoro che mi fa sorridere. Se devo essere onesta, non sono certa che lui abbia preso seriamente la mia imposizione di segretezza. Ha continuato a ripetere che non abbiamo nulla di cui vergognarci e, anzi, dobbiamo mostrarci fieri in pubblico.
"Se sei davvero brava come dici nel tuo lavoro mia madre se ne accorgerà a prescindere da chi frequenti" ha detto. Ho pensato che fosse matto. E ne sono sempre più convinta. Eppure sempre più attratta. Quando, a Parigi, l' ho visto andare via incollerito una stretta allo stomaco mi ha tolto il respiro. Per un istante il mio cuore ha smesso di battere. Razionalmente, se mi venisse chiesto di scegliere, sacrificherei quello che sta nascendo con Enrico ad occhi chiusi se fosse compromettente per il lavoro ma sono stata talmente bene con lui a Parigi che -a questo punto- mi chiedo se potrei rinunciare a lui veramente. Non mi era mai capitato di lasciarmi andare completamente con un uomo come è successo con Enrico. In pochissimo è riuscito ad insinuarsi nei miei pensieri come un tarlo, un piacevole tarlo, e ad occupare la mia mente.
"Filly vuoi un passaggio in redazione? Rischi di bagnarti tutta prima di arrivare alla metro" Arianna infila la testa nella mia stanza, una cascata di boccoli rame le pendono da un lato.
"Ma tu oggi non sei di riposo?"
"Si ma devo uscire comunque. Vado con mia madre a comprare il vestito per la laurea di tua sorella Claudia"
"Cristo, Claudia. L' ho totalmente scordato. La laurea è dopodomani e io non ho ancora un vestito e non le ho comprato nulla!"
"In realtà per il regalo ci ho già pensato io: le ho preso uno di questi aggeggi elettronici touch screen con le applicazioni da parte di tutte e due e ti ho messo in conto la spesa"
"Le hai preso un I-pad?" domando interdetta.
"Un commesso tanto carino mi ha detto che lo desiderano tutti i laureati in giurisprudenza" si giustifica seria.
"Chissà su quale base avrà fondato questa affermazione. Ma, qualsiasi cosa sia, è un pensiero in meno quindi per me va bene. Se stasera riesco ad uscire ad un orario umano dall' ufficio vedrò di fare un giro in centro. Ma tu lo sai che mia madre mi ha accreditato tre mila euro sul conto per comprarmi il vestito? Sono veramente fuori di testa!"
"Mercoledì ci sarà da divertirsi!" esclama euforica.
"L' unica cosa che mi consola è l' open bar". In realtà non mi consola affatto.

Arrivo in redazione con un paio di minuti di ritardo. Ferdinanda è già nel suo ufficio e, attraverso le vetrate, la vedo agitarsi al telefono. Sicuramente mi chiederà del servizio fotografico.
Le faccio un cenno di saluto attraverso la porta e lei mi fa segno di entrare e sedermi. Saluta in modo frettoloso il suo interlocutore e poi si accascia sulla sedia come se fosse distrutta. E non sono nemmeno le dieci del mattino.
"Cristo santo che branco di incompetenti. E' così difficle distinguere uno Chanel vintage da uno della collezione attuale?" chiede. Non sono sicura che si riferisca a me così, nel dubbio, le sorrido e basta. "Come è andata a Parigi?" chiede cambiando discorso.
"Molto bene. Credo che la signora Lozzani non avrà nulla da ridire" rispondo vaga.
"Non ha mai nulla da ridire su Enrico. Comunque, per te, è meglio così. Lei è contenta, io sono contenta, tu sei contenta. Se Anita è contenta lo siamo tutti. A proposito di questo, ti va di partecipare alla riunione di mezzogiorno?"
"Davvero?" chiedo incredula. Nessuno stagista ha mai partecipato alle riunioni di redazione con Anita Lozzani. Vengono discussi i segreti più segreti del numero del mese successivo e chi non ha un contratto di lavoro con la società che produce Vogue non ha firmato nessun vincolo di segretezza quindi potrebbe far trapelare delle informazioni.
"Mi fido di te. E poi eri presente quando hanno scattato il servizio di punta del mese di dicembre. So bene che non andrai a spifferare niente a nessuno"
"Ferdinanda, è un' occasione unica. Non so davvero come ringraziarti per la fiducia"
"Continuando a lavorare bene. Ci vediamo a mezzogiorno in punto. Questa cosa ti procurerà non pochi sguardi di invidia. Spero tu saprai gestire la pressione al meglio"
Mi alzo e mi avvicino alla porta quando mi richiama.
"Filippa, voglio che tu tenga a mente una cosa"
"Si, certo. Dimmi"
"Io punto solo sui cavalli vincenti" dice seria. Poi mi sorride allegramente e mi fa cenno di andare. La ringrazio ancora una volta ed esco dal suo ufficio. Sono su di giri e quasi non mi rendo conto che una delle segretarie della fotografia mi sta dicendo qualcosa.
"Signorina Torre, Enrico le manda questa busta. Ha detto di dirle che vengono direttamente da Parigi e mi ha pregato di consegnargliele personalmente. A lei e a nessun altro"
"Ok, grazie" deve aver pensato che Ferdinanda mi avrebbe chiesto del servizio e mi ha mandato i provini. Che caro ragazzo. Le farfalle che ho nello stomaco svolazzano allegre.
Apro lentamente la busta e afferro il malloppo di carta fotografica al suo interno. Sfilo le fotografie dall' involucro e per poco non mi viene un infarto. Accidenti a lui, accidenti! Le farfalle nello stomaco sono volate via lasciando il posto a delle tarantole velenose. Scorro gli scatti ad uno ad uno e non riesco a credere a quello che vedo. Ci sono mie foto mentre dormo, mentre mangio. Ci sono delle foto in cui siamo insieme ed altre nelle quali io non sono esattamente quello che si definirebbe... vestita. Alcune splendide in bianco e nero dove sorrido ed altre in cui le nostre mani sono intrecciate. Si distingue chiaramente il piccolo quadrifoglio che ho tatuato sul polso sinistro. Dento la busta ci sono quasi un centinaio di fotografie che ci ritraggono in atteggiamenti molto intimi. Molto molto intimi. Nonostante la rabbia non riesco a smettere di guardarle. Emanano pace e luce. Sembra che parlino: raccontano la storia di quei momenti meglio di come avrei potuto fare io con le parole. Stento quasi a riconoscermi fissando i miei occhi. Sono diversi da quelli che ho visto riflessi negli ultimi ventisette anni. Sono sereni.
Afferro la busta, infilo le foto dentro e mi precipito agli acensori. L' ascensore sembra metterci un' eternità e quando si apre, proprio nel momento in cui sto per fiondarmi dentro, esce Anita Lozzani. Mi blocco di colpo. Dannazione! Con tutto il tempo che aveva per arrivare... La busta con le foto mi brucia tra le mani. Mi sposto di un passo verso destra e la lascio passare.
"Buongiorno Filippa" mi saluta Anita.
"Buongiorno Signora Lozzani"
"Anita, per carità. Tutti quelli che lavorano con me mi chiamano per nome" mi sorride cordiale.
Se solo vedesse le foto che ho nella busta. Altro che "chiamami Anita"! Dovrei darle del voi e, magari, accennare anche un piccolo inchino. Sempre se non vengo lincenziata a calci nel sedere.
"Mi sono arrivate voci che parteciperai alla riunione del mattino" accenna.
"Spero non sia un problema" dico con un filo di voce.
"Nessun problema. Mi fa piacere un parere giovane e poi sei stata a Parigi con mio figlio"
"Ehm... si... sono stata con suo figlio." balbetto. Mi fissa stranista. "A Parigi. Al Louvre." mi affretto a specificare.
"Bene, allora ci rivedremo a mezzogiorno"
Sorrido forzatamente ed entro in ascensore. Tengo la busta con le fotografie stretta al petto. Ho le dita indolensite dalla stretta e credo di essermi anche tagliata con la carta. Spingo il bottone con il numero cinque, il piano dove allestiscono i servizi fotografici e dove c' è la post-produzione. Quando esco dall' ascensore trovo una gran confusione. Ci sono ragazze svestite che corrono da un lato all' altro seguite da truccatrici. Il chiacchiericcio copre quasi completamente il sottofondo musicale. Fermo una ragazza in jeans e t-shirt che grida qualcosa in inglese a non-si-capisce-bene-chi e le chiedo se ha visto Enrico.
"In saletta" mi dice come se la risposta fosse tanto ovvia quanto io stupida nel farla.
"Dove?" chiedo di nuovo. Che diavolo è la saletta?
"Nella saletta della post produzione. Prendi quel corridoio, la seconda porta a sinistra" dice seccata. Mi oltrepassa senza degnarmi di uno sguardo.
"Grazie" dico ma quella ragazza è già sparita. Mi incammino verso il corridoio. Sto per bussare alla porta indicatami quando si apre.
"Filippa" dice Enrico sorpreso. "Cosa ti porta qui, ai piani bassi?". Strizza l' occhio e mi invita ad entrare nella saletta. "Dio come mi sei mancata stanotte" sussurra quando siamo lontani da orecchie indiscrete.
Non ho il tempo di rispondere. Le sue labbra sono già sulle mie.
"Ero imbufalita quando sono venuta quaggiù" gli dico quando riesco ad impossessarmi nuovamente della mia bocca.
"E perché mai?"
"Queste foto ti dicono niente?" gli dico sventolandogli la busta sotto il naso.
"Un soggetto davvero interessante. Non trovi?"
"Enrico avrebbe potuto vederle qualcuno. Tra l' altro, mentre venivo qui, ho incontrato tua madre in ascensore. Ho iniziato a sudare freddo e le ho detto, testualmente, che ero stata con te. Una scena da brivido!". Ride.
"Devi rilassarti. Focalizzati sul tuo lavoro e non pensare a noi mentre siamo in redazione" mi dice comprensivo. Con una mano mi accarezza, con movimenti regolari, il braccio.
"Come faccio se fai girare certe cose in redazione?"
"Ha ragione. Prometto di non farlo più. Vieni a cena da me?"
"Appena esco di qui andrò a fare un giro in centro. Devo trovare qualcosa per la laurea di mia sorella, non so a che ora finirò"
"Benissimo, vengo con te e poi ti riaccompagno a casa. Non vorrai prendere la metro, da sola, di sera. E, comunque, devo prendere la cravatta abbinata al tuo vestito"
"La cravatta?" chiedo confusa.
"Per la laurea di Claudia. Pensi davvero che ti ci faccia andare sola?"
"Credi sia il caso?"
"Si"
Non mi va tanto di controbattere. Non vorrei nessun altro che lui accanto a me in quella fossa di leoni. Quando mia madre scoprirà che non solo è un fotografo (e quindi non è un avvocato) ma è anche il figlio del mio capo le verranno i capelli verdi.

Quando lo vedo capisco che è lui. Il vestito perfetto. Succede sempre così. Non hai bisogno di cercarlo dovunque. Sarà lui a venire da te.
"Ti piace?" chiedo ad Enrico uscendo dal camerino. Siamo da Valentino in via Montenapoleone.
"Con quel vestito nessuno si accorgerà di tua sorella Claudia" risponde.
Un intreccio di stoffa si lega fino a formare una rosa che si posa sul mio fianco sinistro. Il blu intenso del tessuto stride con i bianchi cristalli che adornano il corpetto e che salgono fino alla spalla creando una sottile bretella. Un intreccio di morbida seta e due pietre che lascia senza fiato. La seta cade fiù fino al pavimento, non c' è bisogno di nessuna modifica.
Costa un po' di più di quello che avevo preventivato ma per la laurea di mia sorella questo ed altro. Senz' altro mia madre sarà d' accordo.
"Lo metta pure sul conto di mia madre" dice Enrico ad una commessa.
"Non è necessario" rispondo ferma.
La commessa ci fissa confusa per un istante. Non è proprio il caso di fare scenate da Valentino. Enrico le fa un cenno con la mano e lei se ne va.
"Non è un regalo. Voglio comprarlo io perché, dato che sarà mio, potrò sfilartelo subito dopo la festa" ammicca Enrico.
Da Romeo e Giulietta siamo passati a Cenerentola?

Continua...


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