sabato 1 ottobre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 2


Arianna si alza e va in cucina a raccimolare qualcosa per cena.
"Filly ci sono due tisane in cucina, vuoi che te ne scaldi una?" la sento gridare dal corridoio.
Il destino mi starà volendo dire qualcosa, immagino, con questa tisana. Sarà davvero miracolosa! "Ok, ma non troppo calda, la mia gola è in fiamme!" rispondo.
La vedo tornare in soggiorno con in mano un bicchierone di plastica.
"Ehm credo che quel figo che è appena uscito dalla porta sia intenzionato con tutte le scarpe a non farti finire lo stage!" Con tutte le scarpe? Ma che cavolo...
Non capisco cosa vuole dire e le lancio un' occhiataccia. Lei mi pone sotto il naso un bicchierone di plastica trasparente contenete una strana brodaglia di un colore non bene identificato a metà tra il marrone fango dopo una piovuta di due giorni e il verde cancrena.
"Io quella cosa non la bevo!"
"E fai bene, fa una puzza che non ti dico ma guarda meglio il bicchiere"
Noto una scritta fatta con un pennarello nero sulla plastica trasparente:

Rimettiti presto, la redazione senza te è vuota.
Enrico.
323 5949322

La fisso esterefatta per dei minuti che sembrano delle ore.
"Hai proprio fatto colpo" commenta Arianna. Sembra quasi divertita.
"Se solo qualcuno in redazione lo scoprisse. Pensa che vergogna" rifletto a voce alta.
"Ma tu non hai fatto niente. Da quanto ho capito non l' avevi notato nemmeno!"
"Insomma, uno così lo noti anche se non lo vuoi notare. Se poi ci metti il fatto che ho seguito la vita di sua madre come una stalker professionista... So bene chi è e cosa fa ma sono anche conscia del fatto che è un territorio off limitis. E' inutile anche illudersi che questa cosa possa portare a qualcosa di buono"
"Allora che faccio? Butto il bicchiere?" chiede Arianna.
"Si! Butta bicchiere e nubero!". Starnutisco.
"Ooooook...." risponde ammiccando Arianna. Fa dei passi lenti e sparisce nel corridoio.
Però, in fondo, avere il suo numero mi potrebbe servire. Se dovesse chiamarmi sul cellulare mi spunta che è lui e posso rifiutare la chiamata, no? Se non avessi il suo numero risponderei e sarei costretta a parlargli, magari ad eccettare un invito a cena...
"Ariaaaaaaaaannnnnnnaaaaa" la chiamo con la poca voce che mi è rimasta.
"Lo sapevo!". La mia coinquilina spunta da dietro lo stipite della porta con in mano il bicchiere inciso.
"Lo tengo solo perché così, se dovesse chiamare, so che è lui e posso rifiutare la chiamata!"
"Lui non ha il tuo numero" osserva acuta "forse dovresti mandargli un sms per darglielo e, se vuoi, dirgli di non chiamarti".
"Sei seria?" certe volte devo accertarmene. Se ne esce con alcune affermazioni che hanno dell' inverosimile e, cosa ancora più assurda, nelle quali crede fermamente.
"Ovviamente!".
"Lo immaginavo".


Il sole è alto su Milano. Nemmeno una nuvola puntella il cielo celeste sulla capitale del glamour. Il mio dannatissimo virus ci ha messo un po' ma si è finalmente andato a fare benedire! Oggi torno a lavoro. Mi sento eccitata come una ragazzina al primo giorno di liceo. Ho perso sei giorni di lavoro e li ho passati allegramente china sul water della mia casa milanese (i primi tre) e china sul water della mia casa milanese a pensare a come non pensare più ad Enrico (i secondi tre).
Ovviamente non sono arrivata a nessuna soluzione soddisfacente. Tra l' altro era impossibile dato che posso parlarne solo con Arianna. Purtroppo i suoi consigli vengono dal altri pianeti, sicché... Comunque, è inutile farsi prendere dal panico. E' possibile che oggi nemmeno lo incontri in redazione. Che poi, diciamocelo, con tutte quelle modelle che girano per i corridoi di Vogue e le altrettante che incontra durante i servizi fotografici che cosa ci troverà mai in me? Ehy, ma che fate? Siete d' accordo? Io non ho proprio nulla da invidiare a quei manici di scopa! E' vero che non sono molto alta ma il resto è ben proporzionato!
Poter indossare, finalmente, qualcosa che non sia un pigiama o una vestaglia di spugna fucsia è un sollievo. Ho scelto un vestito di Dolce e Gabbana che ho comprato ad una svendita riservata alla stampa l' anno scorso di lana grossa, grigio scuro, in perfetta sintonia con i miei occhi (già... i miei si potevano sforzare un tantino di più e farmeli celesti ma anche grigi non sono male!). Ovviamente vi starete chiedendo quanto sia alto il tacco delle mie scarpe. La risposta è semplice: zero! Sfatiamo il mito che vuole tutte le stagiste in tacchi a spillo e sguardo da star. Faccio, come minimo, tre piani di scale all' ora con in mano fogli/sacche porta abito/blocco per gli appunti/Blackberry; se ci dovessi aggiungere anche l' equilibrio precario mi romperei un osso la settimana. Del resto io a Vogue (per adesso) ci devo stare solo quarantacinque giorni, sei dei quali già andati a putta... Filippa per carità! Sei una signora! Dicevo, sei dei quali passati a casa ma non piangiamo sul latte versato. Oggi torno a lavoro e l' oroscopo che ho ascoltato alla radio stamattina mentre facevo la doccia mi ha dato quattro stelline su cinque! Non male...
"Ariiiii" grido dalla mia stanza "mi dai un passaggio in macchina?"
"Siiiiiii ma devi essere celere il mio turno è iniziato venti minuti fa!" il che non è vero. Dato che Arianna è una ritardataria cronica all' inizio di ogni anno mi chiede di cambiare gli orari dei suoi turni in ospedale e di anticiparli di un arco di tempo che va da un' ora ad un' ora e mezza. Io, che vivo con lei da otto anni, so bene che un' ora e mezza non è sufficiente e le ho anticipato tutti gli orari di più di due ore. Come faccia ad arrivare in ritardo nonostante tutto rimane ancora un mistero.
Ci incontriamo davanti la porta d' ingresso. "Stai bene. Mi piace questo trucco" dice Arianna sorridente. E' costantemente su di giri. Anche lei sta da urlo. Ha dei capelli color del rame appena lucidato naturali, ereditati dalla madre aristocratica di origini irlandesi, e il viso punteggiato da minuscole lentiggini il tutto condito da due occhi celesti (quelli che i miei non sono riusciti a farmi) enormi.
L' ascensore del palazzo in cui viviamo (che è interamente di proprietà dei genitori di Arianna) è di una lentezza sconcertante. Arrivate davanti il portone dello stabile, attraverso le porte di vetro, scorgo una sagoma vagamente familiare.
"Cazzo!" sussulto.
"Filippa! Dovresti limitare le tue imprecazioni" mi riprende Arianna.
"Ascoltami bene. C'è quel dannatissimo Enrico fuori dal portone appogiato ad una jeep blu. Lo vedi?". Arianna sporge un po' la testa e poi la rientra furtiva.
"Io quella camicia a quadretti gliela strapperei all' istante" ammicca facendo su e giù con la testa. Ovviamente il suo commento, come sempre, è opportuno come il formaggio sulle pesche.
"Esci e distrailo mentre io me la filo verso la metro". Ma vedi un po' se devo fuggire da casa come una ladra.
"Sei davvero scortese. Magari è venuto perché sa che non hai la patente e vuole darti un passaggio. Siamo a novembre, l' aria è gelida e tu sei ancora convalescente"
Si, ho ventisei anni e non ho la patente. Problemi? Ci ho provato, davvero, mi sono impegnata, ma quella dannata frizione fa spegnere la macchina in continuazione e io non passo la prova pratica. Che colpa ne ho? E' colpa della frizione!
"Giusto! Come ho fatto a non pensarci prima!" dico dandomi un colpetto ironico sulla fronte. "Magari poteva portare anche sua madre e andavamo tutti insieme"
"Credo che sia presto per presentarti ufficialmente in famiglia". Ok. Ci rinuncio.
"Distrailo mentre io scappo verso la metro" dico secca.
Arianna sbuffa e ed esce in strada.
"Arianna" lo sento chiamare. "Ti ricordi di me? Sono il collega di Filippa. E' ancora in casa?" chiede allegro. Vedo che Arianna gli gira intorno e lo costringe a seguire i suoi movimenti per ascoltare la sua risposa allontanando il portone dalla sua visuale.
"E' andata!" afferma serafica.
Ma dove sono andata? Sono morta forse?
Lui le lancia un occhiata interrogativa e lei si spiega meglio "E' già uscita. Un' ora fa. Era impaziente di tornare a lavoro". Bella scusa, brava Ari.
Enrico la fissa sconcertato e poi guarda l' ora sul Rolex che ha al polso. "E' uscita alle sette meno un quarto del mattino per essere in redazione alle nove e mezza?"
"Già. Ora scappo. Sai i turni, gli ospedali, i medici..." farfuglia Arianna e sparisce dentro la sua macchina posteggiata un paio di metri più avanti senza dargli il tempo di replicare.
Come un gatto sul tetto che scotta riesco a raggiungere la fermata della metropolitana in men che non si dica senza essere vista da nessuno. Comunque non da Enrico.
Arrivo in redazione alle nove in punto. Gli uffici iniziano pian piano a riempirsi. Mi dirigo verso la mia scrivania nella stanzetta adiacente a quella di Ferdinanda Colacicco, il senior editor alla quale sono stata affidata per questi quarantacinque giorni (meno sei). Accendo il computer che inizia a ventolare rumorosamente quasi fosse infastidito di dover riprendere a lavorare dopo una settimana di vacanza. Sistemo le mie cose sulla scrivania, poso il cellulare nel grazioso porta cellulare che ho comprato a Parigi l' anno scorso a forma di scarpetta con tanto di suola dipinta di rosso, allineo i fogli ammassati, ritempero le matite, smisto la posta...
"Sei tornata!".
Una voce alle mie spalle mi trafigge le orecchie e mi fa saltare in aria. Non c'è bisogno che mi giri per sapere chi è. Quel tono lamentevole e quella vocina da bambolona anni settanta la potrei riconoscere anche dentro una discoteca con la musica a palla!
Lara Ferrandi, una delle altre stagiste che, come me, spera di essere scelta per il contratto di un anno. In realtà sa già che sarà scelta: non esiste nessuno migliore di lei ed ha lasciato ben intendere, con frecciatine qui e li agli altri stagirsti, che ci reputa un branco di incompetenti. Una stronza di proporzioni galattiche che ogni mattina si presenta in ufficio come se stesse per sfilare ad una parata del Carnevale di Rio de Janeiro. Arriva in redazione sempre in anticipo e saluta tutti (quelli che contano, non tutti tutti. Attenzione... il suo saluto è d' oro e non va sprecato per la plebaia) con un cenno della mano quasi fosse la regina di Inghilterra in mezzo al popolo. I suoi lunghi ed ossigenati capelli biondo platino ondeggiano sulle sue spalle perfettamente arricciati. Ha sempre lo sguardo compassionevole quando ti guarda come se ti gridasse "poveretta, mi spiace, puoi impegnarti quanto vuoi, ma sei una fallita!".
"Si, sono tornata" riesco solo a dire.
Lei mi accarezza compassionevole un angolino della spalla e se ne va lasciandosi dietro una scia di Coco Mademoiselle. Che odio! Faccio sempre la figura della deficiente quando c' è Lara Ferrandi nei paraggi.
"Filippa, ben tornata!". Ferdinanda Colacicco arriva sorridendo e accenna un mezzo abbraccio. "Ci sei mancata in redazione, quello che fai tu in un ora le altre non lo fanno in un giorno intero!" dice e mi strizza l' occhio. Vorrei scodinzolare come un cagnetto che ha appena ricevuto un biscotto per essere stato bravo. Certo se l' avesse detto davanti Lara Stramaledettissima Ferrandi sarebbe stato meglio.
Anche se non dovessi ottenere il lavoro il poter conoscere Ferdinanda e lavorare a stretto contatto con lei sarà comunque una vincita: è una donna fantastica che sa quello che fa e, un domani, sarebbe l' erede perfetta di Anita Lozzani. Però è meglio se lo ottengo il lavoro.
La mattinata in redazione trascorre frenetica. Ho selezionato circa duecento proposte per i servizi del numero di dicembre tra le quali Ferdinanda ne deve scegliere dieci, ho etichettato gli abiti che devono partire per Parigi per il servizio fotografico al museo del Louvre e ho già bevuto tre caffé. E' quasi ora di pranzo quando Ferdinanda mi chiama nel suo ufficio. Entro in punta di piedi; il mio capo è seduto alla sua scrivani e armeggia con la testiera del computer freneticamente. I lunghi capelli castani sono intrecciati una treccia morbida che le cade lucida lungo sulla clavicola. 
"Filippa saresti disposta a partire per Parigi nel pomeriggio?" chiede.
"Parigi? Oggi?"
"Si. Ci siamo occupati noi del fitting per il servizio al Louvre ed Enrico mi ha chiesto una mano. Sai che non si dice di no al figlio del capo ma io non posso allontanarmi assolutamente da Milano: ho un sacco di lavoro qui. Tu sei in gamba, te lo dico onestamente, e non ti manderei se pensassi che puoi mandare tutto all' aria. Non era mai successo che Enrico chiedesse che qualcuno di noi andasse sul set a supervisionare la cosa ma chi li capisce gli artisti."
"Ah. Quindi è Enrico che ha chiesto di noi?" chiedo. Il bastardo mi ha teso un' imboscata!
"Esatto. Se non te la senti posso chiedere a qualcun' altro. Magari a Lara" dice noncurante.  Ferdinanda sa benissimo che non appena si nomina Lara Ferrandi tendiamo tutti le orecchie.
Faccio un sorriso stentato, mi alzo salla sedia del suo ufficio e arretro pian piano.
"Vado a fare le valigie"
"Benissimo. Ti mando i biglietti e il voucher per l' albergo. Mi hai salvato la vita"
Si Ferdinanda, ti ho salvato la vita, e sto per perdere il lavoro.

Continua...


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5 commenti:

  1. Bellissimo! :)
    Al primo "Ferrandi" sono capitolata ahahahah

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  2. I like what you post here. If you have some time i´d like you check out my blog and follow me if you really want to.

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  3. Grazie ragazze! :P
    @Claudia Lara Ferrandi doveva essere ricollegata ad un personaggio irritante e meglio di così non me la potevo immaginare... :D
    R.

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  4. ahahhahah Lara Ferrandi! in un primo momento non ho collegato...poi appena hai scritto bionda ahahahhhah mi è venuta in mente!!! direi più che adatto
    ah...adoro arianna!!

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