giovedì 29 dicembre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 20



Il mio ultimo giorno a Vogue. Sembra così strano il passare veloce del tempo. Il susseguirsi di emozioni e incontri, scontri a volte. Enrico dorme accanto a me: abbiamo festeggiato il nostro primo mese insieme, come due adolescenti alla prima cotta, accucciati romanticamente sul divano del soggiorno di casa sua. I suoi baci sono stati carichi di una emozione che non avevo mai sperimentato prima. Sentivo il calore dei suoi sentimenti e, allo stesso tempo, la paura dell' abbandono. Le sue braccia mi tenevano strette. Le sue mani, sulla mia schiena, si conficcavano nella pelle. Era quasi innaturale la sua voglia di non farmi andare via. Abbiamo fatto l' amore come un gesto d' addio e quello che ho provato dopo non mi è piaciuto. Sentivo quasi un fastidio in gola. Come le parole che non dici e che rimangono li, sospese, in attesa.
E se il viaggio a New York fosse un' idea insana? Non sono riuscita a dormire tutta la notte tormentata dal pensiero di perderlo. Fino ad un mese fa avrei fatto carte false pur di sedermi su quel posto. Avrei venduto l' anima al diavolo e calpestato la sua ombra con le mie Louboutin nuove pur di volare via. Ma adesso c'è quel fastidioso formicolio che prude li, tra la bocca dello stomaco e la punta del cuore e che non mi fa pensare ad altro se non ad Enrico. Il  suo braccio mi cinge le spalle. Il suo respiro è regolare, disturbato soltanto da qualche piccolo 'ronf' quando cambia posizione. Le nostre mani intrecciate. Non riesco a spiegarmi questa fastidiosa sensazione di disagio per una sola settimana di distacco. Che cosa può cambiare in una settimana? Beh, se ripenso a come sono diventata io in un mese. Se mi avessero detto prima che essere innamorati di qualcuno significa questo molto probabilmente, per la mia ben nota codardia, vi avrei rinunciato senza remore.
Ma a chi voglio darla a bere?
Come diavolo si può rinunciare ad attimi come questi? Stretti in un abbraccio, coccolati dal sonno profondo tipico dell' innocenza dei bambini. Ammettiamolo: non sono mai stata una fanatica dell' amore. A differenza di mia sorella Claudia, che sembra sempre appena uscita da un libro di fiabe con gli occhi pulsanti a forma di cuore, io sono una persona realistica; fredda oserei se non fosse troppo anche per me. Eppure da quando Enrico è nella mia vita mi sono sciolta come la Nutella su una cprepes suzette calda appena fatta. Dio come sono diventata sdolcinata, stento a riconoscermi. Chi l' avrebbe mai detto!
Mi libero dal suo abbraccio e mi alzo. Uscire dal piumone caldo, nonostante in casa di Enrico la temperatura sia alta, è sempre traumatico. Non ricordo una mattina, in ventisette anni, in cui non mi ha dato fastidio lasciare il tepore del letto.
Infilo i piedi nelle ciabatte di pelle scura di Enrico e scendo dal letto. Attraverso il corridoio dove ci sono tutte le foto di Enrico arrivando fino all' ingresso trascinando i piedi. Accendo la luce da scrivania che c'è sul tavolino vicino la porta d' ingresso che punta su uno svuota tasche di cristallo blu. Proseguo fino alle scale che portano in cucina. Apro il frigo e cerco qualcosa da bere. Non sono un' amante del latte: non mi piace il sapore che  ha quando non è accompagnato, non so, ad un bastoncino di cannella oppure ad un cucchiaio di cioccolato in polvere.  Il frigo di Enrico è fornito di ogni leccornia. C'è addirittura una ciambella glassata dentro una tortiera. L' avrà davvero fatta lui? Quel ragazzo mi stupisce ogni secondo che passa; io non sono capace di fare una pasta asciutta! Devo ammettere però che, dopo aver scorso le confezioni di succhi presenti nel frigo, sono rimasta un tantino perplessa. Uva e guaranà; mango e alchechengi; kiwi con zucchero di canna ed estratto di bacche di ginepro. Ma dove diavolo li trova? Se li fa spedire di contrabbando? Un bel succo d' arance rosse era troppo semplice?
Chiudo il frigo e passo alla dispensa. C'è una serie infinita di scaffali pieni di attrezzi da cucina, molti dei quali non so nemmeno che funzione abbiano. Apro lo sportello dei biscotti e trovo un pacchettino rosso con un' etichetta che recita il mio nome. Lo afferro ingorda e tiro via il nastrino rosso che tiene l' involucro. Prima di aprirlo, però, un leggero senso di colpa mi assale. Forse Enrico voleva farmi una sorpresa? Al diavolo... Magari dopo lo richiudo! Trovo un biscotto allo zenzero grande più di un una mano di quelli che si vedono sempre nei film di Natale. Il faccino è allegro: un sorriso fatto di glassa bianca gli va da un orecchio all' altro! Sul petto, disegnato in rosso, un cuore.
"Eccoti. Ho pensato che fossi scappata via quando mi sono accorto che non eri più a letto!". Enrico sputa alle mie spalle mentre ero intenta a fantasticare su quanto fosse incredibilmente dolce il mio uomo. "Ah, vedo che l' hai trovato!" dice allegro indicando il biscotto.
"L' hai fatto tu?" chiedo. Non riesco a spiegare il pizzicore ai bordi degli occhi; mi sto forse commuovendo? Filippa, per favore, non esageriamo! Ok, si, mi sono commossa...
"Ovviamente!" dice orgoglioso, "volevo dartelo prima che partissi, dopodomani, ma dato che l' hai trovato!"
"Mi spiace averti rovinato la sorpresa!"
"Ma no, non dispiacerti, era una sciocchezza. Piuttosto, se fossi in te, correrei a prepararmi. Ogni anno, il tre di dicembre, giorno in cui finiscono i quarantacinque giorni a Vogue, mia madre arriva un' ora prima per salutarvi!"
"Ma se lei arriva un' ora prima vuol dire che... sono già in ritardo!" dico allarmata.
"Non ancora ma lo sarai presto se non ti sbrighi. E, se te lo chiedono, io non ti ho detto nulla!" ammicca facendo l' occhiolino.
"Si capo". Attraverso la cucina a passo svelto e oltrepasso Enrico appoggiato alla porta dalla quale partono le scale per il piano di sopra. Il mio uomo allunga un braccio e mi ferma tenendomi per la vita. Mi attira a se e mi bacia. Mi bacia come se non ci fosse un domani, come se fosse l' ultima volta che le nostre labbra si toccheranno. Perché?

Mi sembra di rivivere la scena di quel film in cui George Clooney licenziava tutti, non ricordo il titolo, c' entrava qualcosa con il cielo o le nuvole.
Tutti gli stagisti scelti per i quarantacinque giorni a Vogue, meno uno che stato già licenziato, stanno riempiendo gli scatoloni con le chincaglierie che hanno raccolto durante lo stage. Sembra che ognuno di noi voglia portarsi un pezzetto di questo posto per ricordare a se stesso che è successo davvero; che lavorare a Vogue Italia non è stato solo un sogno.
Sulla mia scrivania, come al solito, sembra sia scoppiata la terza guerra mondiale. Fogli e inviti ricoprono il piano di legno lucidato. Foto, provini e book fotografici sono accatastati in un angolo. Penne e matite, adagiate come cadaveri sparsi, sembrano i caduti di una battaglia. Il piccolo pinguino di cristallo che Enrico mi ha regalato al nostro ritorno da Parigi luccica attirando la luce che filtra dalle finestre. L' aria che si respira è quasi surreale. Gli altri stagisti sembrano zombie. Persino Lara Ferrandi, che solitamente indossa una maschera di presunzione e arroganza, oggi sembra spenta. I capelli giallo paglierino le ricadono lunghi ai bordi del volto come le fronde di un salice piangente.
Eppure, nonostante questa esperienza sia finita, non vedo buio davanti a me. Molto probabilmente è l' idea dell' America che mi stuzzica. Ad Enrico non l' ho detto ma vivere a New York per un anno non mi dispiacerebbe affatto. Non so perché non sono riuscita a fargli questa confidenza. Devo ammettere che un po' è anche colpa di Davide. I suoi racconti del periodo in cui ha vissuto nella Grande Mela mi hanno affascinato. New York è la città delle possibilità. L' unico posto nel mondo in cui i sogni possono davvero diventare realtà. E poi, come ha detto Davide, un anno non è mica una vita!
Afferro il pinguino e lo avvolgo in un fazzoletto di stoffa. Lo ripongo nella tasca interna della borsa e chiudo la cerniera. Ha già perso una delle orecchie per la mia sbadataggine non voglio che riporti altre ferite.
"Filippa cara, prepari i bagagli?". E' Ferdinanda. La sua voce familiare precede il suo arrivo. Mi poggia una mano sulla spalla e accenna una carezza.
"Ferdinanda, che bello rivederti qui. Si è sentita parecchio la tua mancanza!" le dico davvero contenta di vederla. Indossa un dolcevita verde petrolio aderente ed un paio di pantaloni larghi neri. Un pancino accennato fa capolino dal maglione. "Si inizia a vedere!" dico entusiasta poggiandole d' istinto una mano sulla pancia. Le donne incinte mi hanno sempre affascinata. Hanno un aura dorata ed un espressione talmente dolce in viso che ti fa quasi desiderare di avere un figlio. No, fermi, quest' ultima cosa me la rimangio. Avere un figlio, io? Pff... Eppure, a pernsarci bene, con Enrico un figlio lo farei! Non adesso, tranquilli...
"Adesso che Anita ne è a conoscenza posso mostrarlo orgogliosa. Sono qui per sistemare alcune cose prima della fine dell' anno ma il dottore mi ha vietato di stancarmi. Purtroppo non sono più giovanissima e ho accumulato così tanto stress negli anni che adesso devo solo godermi la gravidanza"
"Abbiamo visto momenti buii senza di te, qui in redazione" le confesso.
"So tutto e so anche che tu hai risolto tutto in maniera eccellente. Per questo volevo vederti prima che partissi per gli Stati Uniti. Volevo chiederti che intenzioni hai". Ha un' espressione che allude a qualcosa ma non riesco a cogliere il senso delle sue parole.
"Non capisco. Che intenzioni devo avere? Non saprò se sono una delle due persone scelte per il contratto di un anno qui in Italia fino a gennaio e in America è ancora tutto da vedere. Devo fare un colloquio e potrebbe concludersi con un nulla di fatto" le dico onestamente.
"Ma se tu potessi scegliere?"
"Tu cosa faresti?"
"Non posso essere io a consigliarti in questa scelta ma, da che ricordo, hai dei buoni motivi per rimanere qui". Capisco che parla di Enrico.
"I motivi che pensi tu sono più che ottimi ma, nella peggiore delle ipotesi, si tratterebbe di un anno"
"In un anno possono succere un sacco di cose, Filippa. Non devo essere io a dirtelo" afferma accarezzandosi il pancino gonfio.
"E' inutile che mi fasci la testa prima di essermela rotta. Ho sempre pianificato fino all' ultimo secondo della mia vita. Posso già disporre il mio funerale, se fosse il caso. Per una volta sto prendendo le cose come vengono. Farò il colloquio e tornerò in Italia in tempo per Natale; lo passerò con la mia famiglia e con l' uomo che amo. Apsetterò di sapere del lavoro e poi deciderò"
"Voglio solo che tu sappia quanto io apprezzi il tuo lavoro. Ricorda sempre che la vita è una maratona piena di ostacoli e le maratone non si vincono se non metti i cerotti per le vesciche. Io so chi rimarrà con noi per un anno e so che tra poco dovrò ridurre a zero gli impegni Dio solo sa per quanto tempo. Voglio che tu rimanga nei paraggi: non potrei immaginare nessun altro al mio posto che non sia tu" dice Ferdinanda appoggiandomi una mano sulla spalla. Un lacrima le riga il viso. "Dannati ormoni!" si giustifica "ormai piango per qualsiasi cosa!". Le sorrido. Le sue parole sono piacevoli come un thé caldo in una notte gelida.
Anita esce dagli ascensori seguita da Caterina e dal vice direttore del giornale. Saluta tutti con un cenno della testa, come solo un grande capo sa fare, e si dirige nel suo ufficio.
"Sta per salutarvi tutti. Pronta per il tuo ultimo giorno da stagista?" chiede Ferdinanda.
"No" rispondo secca. I cambiamenti, anche quando sono in meglio, mi mettono ansia. Figuriamoci se la vista del domani è completamente annebbiata dall' incertezza.

La giornata è stata un massacro emotivo: dopo il discorso di Anita piangevano tutti. Non credevo fosse possibile ma ho provato tenerezza perfino per Lara Ferrandi: se avesse potuto si sarebbe incatenata alle porte della redazione pur di ritornare lunedì a lavoro.
"Ariannaaaa, sono a casa!" grido appena apro il portone del nostro appartamento. Enrico è dietro di me con il mio scatolone in mano. "Ariannaaaaaa" chiamo di nuovo. Sento dei passi che fanno scricchiolare il parquet della sua stanza ma non arriva nessuna risposta.
"Forse è ancora in ospedale" conclude Enrico vedendomi perplessa e immobile di fronte l' ingresso. "Filippa questo scatolo pesa, scansati che lo appoggio!"
"Si, scusa!" mi faccio da parte e lascio entrare Enrico ma rimango in attesa. Solo qualche secondo dopo Arianna fa capolino dalla sua stanza. Indossa un vestaglietta di seta color salmone di Victoria' s Secrets che le ho regalato io lo scorso Natale. Non gliel' avevo mai vista addosso, ha sempre affermato che era troppo sexy per una come lei.
"Ehy. Filippa, Enrico. Che ci fate qui?" chiede. Non sono certa ma credo che sia davvero sorpresa di vedermi in casa nostra.
"Ari, io ci vivo qui"
"Ah. Beh. Giusto. Si si, che sciocca. Ma ora perché non vai nella tua stanza con il tuo fidanzato e state li un quarto d' ora circa. Così inizi a fare la valigia per l' America". Accenna un sorriso e mi supplica con gli occhi di fare come dice. La fisso scioccata per un secondo, non riesco a decidere se prendere Enrico per mano e fare come dice oppure chiedere spiegazioni.
"Ari, scusami ma devo scappare. Il mio turno inizia tra mezz' ora e con il traffico di quest' ora non farò mai in tempo". Lui le da un bacio sulle labbra e le accarezza i riccioli. Fa un cenno di saluto imbarazzato a me ed Enrico, prende il cappotto ed esce.
"Era il dottore, quello che è appena passato, o l' ho sognato?". Luca, il ginecologo che ha visitato Ferdinanda la sera della festa in maschera, ha appena attraversato il corridoio del mio appartamento uscendo dalla camera di Arianna. Sento Enrico sghignazzare dietro di me.
"Vi lascio sole, sono in soggiorno a guardare la tv" dice Enrico oltrepassandoci.
"Perché non me l' hai detto?" dico fintamente offesa.
"Volevo vedere come andava a finire? Dopo la festa in maschera è capitato di prendere un caffé insieme al bar dell' ospedale e... sai come vanno queste cose, no? Oggi un caffé, domani un parere medico e si finisce a letto insieme!" afferma saggiamente Arianna.
"Beh, si certo. Io sono stata con tutti i medici che mi hanno visitato" dico ironica.
"Che sciocchina che sei. E poi hai visto che connotati? Ah Filippa, quel ragazzo non poteva scegliere specializzazione migliore. Sa esattamente dove metterci le mani..." allude Arianna.
"Ragazze, voglio sapere anche io i dettagli piccanti. Magari mi faccio dare qualche consiglio" grida Enrico dal soggiorno che, evidentemente, stava ascoltando tutto!
Ridiamo tutti insieme.


Tra valigie, saluti, ansie e telefonate di mia madre in lacrime come se la stessi abbandonando per partire per la guerra civile -gli ultimi due giorni- sono stati un caos. Sono finalmente in macchina verso l' aeroporto di Malpensa.
Enrico, accanto a me, guarda fisso la strada di fronte a lui. I muscoli, accarezzati dal cotone della camicia, sono tesi lungo il braccio appoggiato sullo sterzo.
"E' tutto ok?" chiedo. Non ha detto una parola per tutto il tragitto.
"Si, tutto ok". La sua voce è piatta.
"Ricorda che non si può imparare la strada del ritorno se prima non si parte!". Che saggio cinese che sono, mi congratulo silenziosamente con me stessa.
Riesco a strappargli un sorriso. "Ma questa da dove l' hai uscita?" chiede.
"Che importa, l' unica cosa che conta è che hai riso"
"Voglio solo che tu torni presto"
"Non ti accorgerai nemmeno che non ci sono!"
"Ti sbagli!". Poggia una mano sul mio ginocchio e mi accarezza dolcemente.

Sono stordita dal fuso orario e dalle otto ore appena trascorse in una posizione non proprio comodissima sull' aereo. Il JFK è un aeroporto enorme e faccio quasi un chilometro prima di arrivare alla dogana per il controllo del passaporto e del visto.
Esco, trascinandomi dietro l' enorme valigia che ho portato.
"Filippa" mi chiama una voce familiare. Alzo gli occhi e lo vedo. Sorride agitando un braccio. Ma che diavolo ci fa qui?
Mi sorride, gli sorrido.

Continua...

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45 giorni a Vogue by Robi Landia is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia License.
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8 commenti:

  1. io lo uccido e tu sai di chi sto parlando.

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  2. Però, devi ammettere che è un uomo pieno d' iniziativa :D

    Tanti auguri di Buon Anno Claudia!

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  3. Si un po' troppo visto che l'oggetto delle sue attenzioni è la fidanzata del fratello! :D

    Anche a teeee!!! :*

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  4. Oddio se mi metto a leggere i commenti prima ancora di leggere il capitolo vuol dire che sono messa molto male!?????? Ahahah.. Me lo leggo stase sul divano, non vedo l'ora.. Per il momento tanti auguri di buon anno!!!!!
    Fede

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  5. ahahhhahahahah Davide torna all'attacco!! Questa non me l'aspettavo!!!! :D
    Buon anno!! :)

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  6. Fede Tantissimi auguri di buon anno e... buona lettura!!! :D
    Robi

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  7. Lucia Davide è un uomo ricco di sorprese.... :D
    Tantissimi auguri per uno splendido 2012!!!
    Robi

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