lunedì 17 ottobre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 6



Mia sorella è ufficialmente un dottore in giurisprudenza. Alle undici di questa mattina la mia speranza che lei si trasferisse in Polinesia perché si é innamorata di un isolano e desidera shakerare deliziosi intrugli nelle noci di cocco è svanita per sempre. Lei si è laureata in giurisprudenza e io no. Non importa quanti sacrifici abbia fatto io per la mia laurea. Non importa che io sia ad un passo dall' ottenere un contratto di un anno nel giornale di moda per eccellenza. Non importa che io abbia inseguito i miei sogni. Lei è una stramaledetta laureata in giurisprudenza ed io no. Mia madre gongola, mio padre rosola in una pentola di leggi e decreti. Finalmente hanno coronato il loro sogno di avere una figlia avvocato.
Bravi, congratulazioni vivissime!
"Filippa tutto bene?" chiede Ferdinanda. Da quando sono in ufficio non faccio altro che borbottare e lamentarmi.
"Benissimo". Dal mio tono di voce si capisce benissimo che mento.
"Volevi essere alla laurea di tua sorella, vero? Mi spiace che tu te la sia persa ma sto investendo molto su di te"
"Credimi, non vorrei essere in nessun altro posto. Mi dispiace persino perdermi il lancio del nuovo profumo di Prada, questa sera"
"Non sei in buoni rapporti con tua sorella?" mi chiede dispiaciuta.
"Diciamo che non è tanto lei quanto il quadro generale ad essere un po' incasinato"
Ferdinanda mi fa una carezza sulla spalla e si allontana.
Fisso il pc davanti a me ancora per qualche istante poi spengo tutto. Prendo la borsa, infilo il Blackberry nella tasca interna e mi alzo. E' inutile rimanere in redazione.
Saluto gli altri e mi incammino verso gli ascensori. Non sopporto l' idea di dovermi volontariamente sottoporre a questa tortura cinese e, men che meno, di portare Enrico con me. L' ascensore scende di due piani, dal settimo al quinto, quando le porte si aprono nuovamente. Salgono Anita Lozzani, il vicedirettore di Vogue Gerome Lana ed Enrico. Tutti e tre mi salutano gentili. Anita e Gerome continuano a discutere dell' orlo di una gonna che si vede appena in una delle fotografie che tengono in mano.
"Non darò mai il benestare per pubblicare questa foto. Non diventeremo lo zimbello dei Vogue del mondo" commenta Anita.
"Anità io trovo le impevfezioni di queste foto cavattevistiche" le risponde Gerome marcando un finto accento francese. Girano voci in redazione che lui non sia davvero nato a Nizza ma che sia originario della provincia di Roma.
Non mi accorgo nemmeno che Enrico mi sta fissando. Quando finalmente lo zero si illumina saluto tutti e lascio l' ascensore. Enrico mi segue.
"Vado a prendere un obbiettivo in macchina" si giustifica con la madre che gli fa un cenno disinteressato con la mano.
"Filippa che c'è che non va?" mi chiede prendendomi per un braccio.
"Vado a preprararmi per la festa. Devo essere puntuale e Alessandria non è poi così vicina"
"Saremo li in meno di un' ora. Non preoccuparti. Ci vediamo sotto casa tua alle diciotto e trenta così come avevamo programmato. Ok?"
Accenno un si con la testa. Enrico mi prende il volto fra le mani e mi da un bacio sulla fronte. Indossa solo una camicia con le maniche arrotolate sui gomiti. Ci saranno pochi gradi sopra lo zero eppure lui non sembra accorgersene. "Ci sono io con te" sussurra.
"Grazie". Vorrei che bastasse.
Sapete qual è la verità? La verità è che sono incazzata nera. Io non sono la figlia di serie B solo perché non ho scelto quella diavolo di facoltà. Non merito di essere trattata così. Il solo pensiero degli sguardi compassionevoli dei miei genitori e dei loro dannatissimi amici avvocati mi fa rizzare i peli sulle gambe. Non che ne abbia al momento, ma se li avessi sarebbero irti come gli aculei di un porcospino. Hanno affittato un intero castello. Un castello! Riuscite a crederci? Il giorno della mia laurea mia madre aveva l' espressione di una che sta andando ad un funerale e guardava Claudia piena di speranza. Vorrei dare un calcio a qualcosa ma indosso un paio di scarpe da cinquecento euro e convengo con me stessa che non è proprio il caso. La mia dannatissima famiglia di avvocati non merita un graffio sulle mie Manolo!
"Ari sono a casa" le grido attraversando la porta d' ingresso.
"Fil sono in camera mia con la parrucchiera di mia mamma. I miei genitori passano a prendermi tra un' oretta. Sei davvero in ritardo!" mi urla di rimando.
Entro nella stanza di Arianna e la trovo a testa in giù mentre un donna le spettina sapientemente i riccioli. La mia coinquilina riporta la testa indietro in maniera fintamente seducente e mi chiede "come sto?".
"Sei una favola!" ed è vero. Un delicato strato arricciato di chiffon misto a seta le accarezza il corpo puntellato da piccole lentigini color mattone. Il vestito è color dell' oro e le disegna perfettamente le curve.
"E non ho speso un euro. Un vintage di Dior che ho trovato nell' armadio di mia madre!" commenta allegra.
"Sembra che lo stilista te l' abbia disegnato addosso. Magari stasera trovi marito!"
"Mmmm. Un bell' avvocato?" ridiamo insieme della sua battuta. Arianna ha la capacità di accendere la luce anche sulle giornate più buie. La sua risata è contaggiosa. I suoi occhi, sinceri come quelli di un bambino, ti fanno vedere solo il buono di ogni cosa.
Entro in camera mia e afferrò il protabiti nero che contiene il mio vestito. E' bello da togliere il fiato. Meraviglie del genere, si potrebbe pensare, le possono fare solo gli angeli. Ed è per questo che io ho sempre desiderato lavorare in questo mondo. Voglio respirare l' aria dei sogni che diventano realtà; il profumo della stoffa che prende vita sulle passerelle.
"Signorina se è pronta per la piega cominciamo subito" mi dice la parrucchiera appena ha finito con Arianna. Mi affido alle sue sapienti mani.
Sento il citofono trillare, dev' essere Enrico. Arianna è appena andata via. Apro il portone e mi fermo sul pianerottolo in attesa. Devo solo mettere le scarpe e sono pronta. Enrico sale di corsa i pochi scalini che separano il vano dell' ascensore dall' ingresso all' attico e poi si ferma di colpo. "Wow" sospira. Mi sorride e mi viene incontro.
Il viaggio da Milano verso Alessandria è troppo breve. Arriviamo alle otto in punto, come richiesto da mia madre, al Castello dei Torriani e dei Bandello.
All' ingresso, di fronte un alto cancello in ferro battuto, un signore in giacca e cravatta ci chiede i nostri nomi.
"Sono Filippa Torre, la sorella della festeggiata" gli dico incerta. Magari mia madre si è dimenticata di mettermi in lista e posso tornarmene a casa.
"Oh, buonasera signorina. L' attendevano tutti!". Sembra sinceramente sollevato di vedermi. I miei genitori erano preoccupati che non venissi? Non che non ci abbia pensato... Seriamente...
Un viale debolmente illuminato dalla tremolante luce di centinaia di alte torce ci conduce all' entrata del castello di fine quindicesimo secolo. Il portico è completamente rivestito di rose rosse intrecciate al ferro. Una discreta folla si è già radunata. Camerieri in livrea bianca offrono flute di prosecco.
Enrico mi porge il braccio e ci incamminiamo fino all' ingresso.
"Sei pronto?" chiedo. In realtà lo sto chiedendo a me stessa.
"Sarà una serata incantevole. Vedrai" risponde lui sicuro.
"Filippa, tesoro, ce l' hai fatta finalmente" mia madre mi viene incontro cinguettando. Cammina mezzo metro sopra il suolo. Il suo corpo esile è fasciato da uno stretto tubino nero. Alle sue orecchie i rubini di nonna Eleonora. Mi stringe in un abbraccio al sapore Cinema, il profumo di Yves Saint Laurent che usa da che ho memoria. Per un istante, tra le sue braccia, mi sento al sicuro.
"Mamma vorrei presentarti Enrico. Un... caro amico" dico incerta. Mia madre tende la mano ossuta verso il mio accompagnatore e gli rivolge un sorriso largo. Il tennis di rubini che ha al braccio tintinna un po'.
"E' un piacere Enrico"
"Il piacere è mio signora Torre" risponde lui sfiorandole la mano con le labbra.
Mia madre ricambia con una risatina frivola. "Che uomo d' altri tempi!" sospira "vieni caro, ti presento mio marito e la nostra piccola dottoressa" dice allontanandosi al braccio di Enrico.
Li seguo. Tra la folla scorgo mia sorella Claudia. E' bella da togliere il fiato. Il vestito che indossa è una semplice tunica arricciata sulla vita di chiffon plissetato di un rosso cardinale meraviglioso. Una cascata di morbidi boccoli scuri le incornicia le spalle. Sopra l' orecchio un fermaglio luccicante le tiene in alto un ciuffo di capelli.
"Ce l' hai fatta a rendere felici mamma e papà" dico a Claudia abbracciandola.
"Hai lasciato a me la patata bollente" mi dice sorridendo.
Nonostante tutto le voglio bene. In fondo lei non c' entra nulla. Non siamo in competizione per nessun premio. Le presento Enrico e gli stringe la mano. Claudia mi strizza l' occhio.
"Saresti tu, quindi, il fidanzato di mia sorella?" ammicca Claudia.
"Claudia!" la riprendo. "Scusala" dico ad Enrico.
"Mi piacerebbe ma tua sorella preferisce i sotterfugi del medioevo!" scherza lui.
Gli tiro un buffetto sulla fronte e lui, prontamente, mi prende la mano, mi attira a se e mi bacia.
Il salone dove si svolge la cena è illuminato di una luce fioca e giallastra. In un angolo della sala un cuoco giapponese prepara sushi ed altre diavolerie dagli occhi a mandorla. Claudia è una patita della cultura giapponese e come regalo di laurea ha chiesto un viaggio in terra nipponica. Non ho ben capito con chi andrà, mia madre è stata vaga quando ho chiesto.
Il clima è rilassato. Una moltitudine di begli abiti fruscianti misto ad odore di lacca e pesce crudo si muove tra i tavoli del buffet. Tutti gli invitati mi sorridono. Gli amici dei miei genitori mi salutano con un "finalmente i tuoi hanno avuto l' erede che desideravano" oppure "Claudia è il nostro futuro" ma ho deciso di non farci caso. La cosa fondamentale è che ne mia madre e ne mio padre hanno detto una parola. Mio papà ha anche scambiato qualche parola con Enrico che gli ha detto, sfidando la sorte, di essere un fotografo.
A metà della cena scorgo una nota di nervosismo sul volto di Claudia. Mi avvicino a lei.
"Ehy, tutto ok?" le chiedo. Lei controlla ancora una volta l' orario sul cellulare e poi sospira.
"Aspettavo una persona ma, evidentemente, non ce l' ha fatta" risponde sconsolata.
"Non sapevo che vedessi qualcuno" le dico rendendomi conto di quanto poco sappia di lei, di chi frequenta. Eppure ci dividono solo due anni.
"Non c' è ancora nulla di definito. L' ho conosciuto quando sono stata con mamma e papà a quel convegno sullo stalking a Gibilterra. Ha una società di investimenti con sede li e l' ho incontrato una sera in un bar. Ci siamo rivisti un paio di volte a Milano ma credo che per lui il tutto si risolva a questo"
"Ohhh" commento non sapendo cosa rispondere. Non ce la vedo proprio mia sorella che attracca un ragazzo in un bar. Controlla ancora una volta lo schermo del cellulare. Niente. Provo tenerezza per lei. Mi aspettavo di vederla gongolante e fiera per essere riuscita in quello dove io ho fallito ed invece se ne sta in disparte in attesa. Poi, d' un tratto, il suo sguardo s' illumina.
"Davide" sospira. Si alza e corre verso la porta. Seguo i suoi movimenti tra la folla di commensali e scorgo un alto ragazzo dai capelli castani. Indossa un elegante completo scuro di sartoria che gli disegna magnificamente le spalle. C'è qualcosa in lui di familiare ma non riesco a capire cosa. Non che l' abbia già visto, di questo ne sono certa, ma i suoi lineamenti mi ricordano qualcuno. Claudia gli stringe l' avambraccio mentre si avvicinano a me.
"Filippa vorrei presentarti Davide. Davide, lei è Filippa, mia sorella maggiore"
"La giornalista a Vogue" dice lui. Gli porgo la mano, lui la porta al volto e mi fa il baciamano.
Dejavù. Ecco la parola adatta. Che strana sensazione.
Enrico si avvicina a noi, mi sorride cingendomi la vita. "Chi è che bacia la mano della mia non ragazza?" chiede divertito. Alza lo sguardo e si ferma. E' impietrito. La mano che tiene sulla mia vita di aggrappa al vestito. Lo fisso.
"Davide" sussurra. Un filo di voce appena udibile.
Continua...
La canzone che ha ispirato questo capitolo è stata senz' altro questa!

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6 commenti:

  1. Concordo con Claudia... SCRIVIIIII!

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  2. Immagino che questa sia solo fiction, non ti conosco, ho letto solo pochissimi post del tuo blog ma mi sento di scrivere una cosa: anch'io ho una sorella. Si laurea a brevissimo, mentre io sono disoccupata, talmente disoccupata che non ho i soldi per comprare il cercalavoro e finita la pasta non so se mangio.
    Ecco, questo racconto mi ha fatto fare una risata, amarissima. Alla laurea di mia sorella ci andrò senza regalo, coi pantaloni sdruciti e una maglia che ha almeno 2 anni.. e tutti gli altri saranno bellissimi, elegantissimi, issimi in tutto.

    Tutto qua.
    Scrivi molto bene =)

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  3. @Claudia Grazie sempre per il tuo sostegno! Per me scrivere è un piacere e se c'è qualcuno a cui piace lo diventa ancora di più!
    @FL Scrivoooo! Devo ammettere che la storia sta diventando interessante perfino per me che la scrivo... Alcuni sono stati dei colpi di scena pure per me! Grazie mille per il sostegno!
    @Nero Si, questo è solo un racconto che mi frullava in testa da un po'. Io scrivo per allontanarmi dalla realtà, dalla vita di tutti i giorni che tende a schiacciarci. E' un modo come un altro per sopravvivere in questa giungla... Il regalo più bello, per tua sorella, sarà averti li. Può sembrare una frase fatta ma vedrai che sarà così nonostante la maglia di due anni fa: lei di sicuro non la noterà!

    Grazie mille, davvero, per i vostri commenti.
    R.

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  4. @Siboney2046 Ma se mi dici queste cose divento tutta rossa! Grazie mille, davvero... :D
    R.

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