mercoledì 19 ottobre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 7



Il settimo capitolo è stato ispirato da questa stupenda canzone. Enjoy it.



Enrico mi prende la mano e la stringe con forza. I castoni che tengono fermi gli zaffiri dell' anello che porto al dito mi si conficcano nella pelle.
"Filippa andiamo via?" ruggisce. Lo fisso sconvolta.
"Che dici?" chiedo cercando di mantenere un tono disinvolto. Il suo volto è paonazzo, la sua espressione truce. Sembra che stia per esplodere da un secondo all' altro.
Mia sorella ci fissa allibita.
"Filippa andiamo via" ripete. Questa volta non è una domanda.
Mi tira con forza. Attraversiamo il salone quasi correndo. La sua mano tiene salda la mia: quel dannato anello mi sta bucando letteralmente la pelle. Cerco di oppormi ma non voglio dare spettacolo. Quando siamo fuori l' impatto con l' aria gelida è doloroso come un pugno in faccia. "Ma che diavolo ti prende?" gli grido. Lui continua a camminare fino a che non arriviamo al vialetto ricoperto di ghiaia che porta al posteggio. A quel punto mi lascia la mano. "Io torno a Milano. Vieni con me?" chiede.
"Non posso andarmene nel bel mezzo della festa di laurea di mia sorella"
"Non volevi nemmeno venirci e adesso fremi per restare?" la sua voce è cattiva. "Te lo chiedo per l' ultima volta, Filippa, torni a Milano con me? Ora?"
"Assolutaente no. Non vado da nessuna parte fino a che non mi spieghi che cosa cavolo ti è preso!"
"Benissimo. Ciao" si gira e se ne va a grandi passi. Non era esattamente la reazione che mi aspettavo.
Vorrei darvi un piccolo consiglio: assicuratevi di non indossare dei tacchi a spillo maledettamente scomodi se, per puro caso, il ragazzo che frequentate di nascosto da meno di una settimana decide di dare di matto alla festa di laurea di vostra sorella.
"Enrico!" grido mentre cerco di seguirlo. Purtroppo i miei movimenti non sono molto coordinati e il mio equilibrio, su quei trampoli coperti di raso blu, è tutt' altro che... equilibrato!
Quando arrivo al pargheggio lui ha già acceso la macchina. I fari sono puntati su di me, Enrico mi fissa per qualche istante. Mette in moto e si ferma proprio davanti a me. "Sali in macchina Filippa"
"Scendi tu!" ordino io. Ingrana la marcia e sparisce attraverso il vialetto. Rimango li, al freddo, con le spalle scoperte e i piedi doloranti fissando le luci rosse della macchina che si allontanano fino a diventare due puntini, fino a che non spariscono.
Barcollo fino all' ingresso del castello massaggiandomi il dito dolorante. Non riesco a capire cosa gli sia preso. E' cambiato nel giro di un secondo, era sconvolto come se avesse visto un fantasma. Entro nella sala che è appena stata testimone della pazzia di Enrico e vado a sedermi accanto ad Arianna.
"Dov' è Enrico?" chiede allegra mentre sorseggia del vino bianco.
"E' andato via" le dico.
"E dove andato?"
"Credo sia tornato a Milano". La mia voce è priva d' espressione.
"Perché?" chiede Arianna.
"Non lo so. Il momento prima mia sorella gli stava presentando un ragazzo che ha conosciuto a Gibilterra e il momento dopo Enrico era rosso in viso, saliva in macchina e se ne andava!"
"Filippa, dov' è Enrico? Che cosa è successo?" chiede Claudia mentre mi raggiunge al tavolo di Arianna. Davide è dietro di lei.
"E' tornato a Milano" le dico.
"Dev' essere stata colpa mia" dice Davide sorridendo.
Tre paia d' occhi fissano interrogativi quel ragazzo. "Filippa, permettimi di presentarmi come si deve. Davide Carrisi, molto lieto" dice tendendomi la mano.
Non collego immediatamente. Poi i suoi occhi, dello stesso verde di quelli di Enrico, mi illuminano. "Si, Enrico è mio fratello!" dice lui come se mi avesse letto nel pensiero.
"Aspetta, fammi capire, di chi sei figlio tu?". Sembro pazza.
"Stessa madre, stesso padre"
E questo ora da dove spunta fuori? Anita Lozzani ha un solo figlio: Enrico. Non ho sentito nominare nessun Davide. Mai.
"Non può essere" biascico "Anita non ha altri figli"
"Credo che le piacerebbe davvero non avere altri figli. Forse è per questo che, per rimediare all' errore, ha dato alla luce Enrico" commenta lui sarcastico.
"Enrico mi ha detto di avere due fratelli più piccoli che vivono con il padre e con la seconda moglie. Non sapevo che avesse anche un fratello maggiore"
"Non te l' ha detto forse perché non è così che mi considera". Nella voce di Davide c'è una nota di risentimento.
"Claudia, Filippa" ci chiama mia madre riportandoci alla realtà "venite in giardino a fare un paio di foto?".
Mi alzo meccanicamente e seguo mia madre, Claudia fa lo stesso.
Torno a Milano con Arianna e con i suoi genitori. Il viaggio in macchina è disturbato solamente dall' incessante chiacchiericcio di Lady Arleene, la mamma di Arianna.
Quando arriviamo davanti l' ingresso del nostro stabile cerco con gli occhi la macchina di Enrico. Spero di trovarlo li sotto, voglio una spiegazione, ma non c'è.
"E' tutto ok?" chiede Arianna prima di andare a dormire.
"Non lo so" le rispondo sinceramente. Quando rimango sola nella mia stanza provo a chiamare Enrico di nuovo, come ho fatto durante tutto il viaggio da Alessandria a Milano. Il cellulare è staccato. Come lo è stato durante tutto il viaggio da Alessandria a Milano.

Non ho chiuso occhio e la mia faccia non fa nulla per nasconderlo. Ho gli occhi incavati venati di rosso e due occhiaia che farebbero invidia ad un panda del WWF. Potrei fare il panda delle pubblicità se dovesse andare male a Vogue. Mi trascino in bagno e lascio che il getto della doccia mi svegli.
Arrivo in redazione con un' ora d' anticipo. Pigio il numero sette sull' ascensore che cammina lento. Il piano degli uffici è completamente vuoto. Lascio il cappotto e la borsa sulla sedia davanti la mia scrivania e avvio il computer.
"Filippa, che ci fai già qui?"
"Cristo, Lara. Mi hai spaventata!". Mi giro e vedo Lara Ferrandi. La giornata è iniziata male ma così è proprio una tortura. Indossa un vestito a portafoglio di un tessuto leggero e svolazzante. Il fucsia mischiato al giallo della stoffa è accecante. Perché non si veste di nero come tutti in inverno? Diamine siamo a Milano mica a Tijuana!
"Che ci fai qui così presto?" chiede.
"Non avevo molto da fare e sono venuta prima. Tu?"
"Aspetto Anita"
"Brava"
"Non vuoi sapere perché l' aspetto?"
"In realtà..." non ho il tempo di finire e di dirle che proprio non mi interessa.
"Scriverò un pezzo per il sito del giornale. Volevo farglielo leggere" mi comunica.
"Bene, allora vai ad appostarti davanti il suo ufficio Lara" le dico oltrepassandola.
Non la tollero assolutamente. In questo momento meno ancora. Il suo fare supponente è fastidioso come le zanzare d' agosto e le espressioni che riesce a fare mentre parla farebbero saltare i nervi anche ad un santo. Quei capelli color della paglia starebbero bene in un fienile, non a Vogue. Filippa! Smettila di essere cattiva!
Salgo in ascensore e premo il tasto cinque, la sezione fotografia. A differenza del piano degli uffici, qui c'è una gran confusione. Sfruttano tutte le ore di luce che la giornata gli offre. Mi dirigo verso la saletta e busso alla porta. Nessuna risposta.
"Tesoro, se cerchi Enrico è a Barcellona!" mi dice un ragazzo che indossa un paio di pantaloni neri davvero stretti. Mi chiedo se riesca a respirare.
"A Barcellona? In Spagna?"
"E dove se no?" ride sguaiatamente quel tipo.
Ma quando è partito per Barcellona? E che cosa è andato a fare li? Vorrei chiederlo a quel ragazzo ma è già andato via. Torno alla mia scrivania. Controllo il Blackberry ma non c'è nessuna traccia del fuggitivo. Non può scappare ogni volta che la situazione non gli piace, non è così che si fa. Ma tanto a chi lo racconto? Alzo gli occhi e fisso l' ambiente vuoto che mi circonda. Appunto.

Enrico è sparito da un giorno e tredici ore. Non ho sue notizie da trentasette lunghissime ore. Il suo cellulare è spento e non è a Barcellona per lavoro. Non per Vogue almeno. Il mio cellulare canticchia, leggo 'Mamma' sullo schermo.
"Filippa, tesoro, come stai? Enrico?"
"Mamma tutto bene. Anche Enrico" mento.
"E' andato via molto presto l' altra sera" commenta. Mia sorella non le ha raccontato nulla evidentemente. "Ho chiamato per invitarvi a cena stasera. Viene Davide, l' amico di Gibilberra di Claudia, e mi piacerebbe che ci fossi pure tu"
"Mamma non so se ce la faccio"
"Filippa lo facciamo per Claudia. Credo che questo ragazzo le piaccia molto"
Rifletto un attimo poi realizzo che, dato che Enrico si è dato alla latitanza, forse Davide può sciogliere il nodo della matassa.
"Ok, ci vediamo da voi questa sera ma non credo che Enrico potrà venire. E' a Barcellona"
"Oh, mi spiace. Mi è sembrato un caro ragazzo"
"Si, proprio caro". Un carissimo stronzo, vorrei aggiungere ma taccio.
Mio papà passa a prendermi a casa alle otto in punto. "Ciao piccina" mi saluta.
"Ciao Papino". Fissa la strada mentre attraversa il centro di Milano. I miei abitano in una villetta in un paesino vicino Como. In taxi mi costerebbe una fortuna arrivarci.
"Filippa, non vorrei sembrarti ripetitivo ma credo sia il caso tu ti prenda la patente" ghigna mio papà. Rido. Abbiamo passato intere domeniche, quando avevo diciotto anni, nel cortile di una scuola di Como a fare scuola guida. Il pensiero di quei momenti spensierati distende un po' i miei nervi.
"Come mai questa cena?" chiedo.
"Non so. Claudia ci ha detto che è con questo Davide che vuole andare in Giappone così la mamma ha pensato di conoscerlo meglio"
Tossisco. Sono già al punto di partire per le vacanze insieme?
Il tavolo del salone è apparecchiato con il servizio di Versace che ho regalato ai miei per l' anniversario di matrimonio dell' anno scorso. Un profumino invitante arriva dalla cucina.
Saluto tutti con un abbraccio. Davide è già arrivato. Indossa una camicia blu scuro sulla quale sono ricamate le sue iniziali in bianco. I capelli leggermente spettinati gli danno un' aria vissuta.
"Che piacere rivederti Filippa. Enrico non è venuto?" chiede. Strizza leggermente l' occhio.
"No. E' in Spagna!" rispondo secca.
"In Spagna?" chiede sorpreso. Riflette per qualche secondo. Accanto l' occhio destro gli si forma un piccola ruga identica a quella di Enrico: più lo guardo più noto le somiglianze. Anita sembra averli fatti con lo stampino. Porta la mano sulla bocca e puntella le labra carnose con l' indice. "Avrei scommesso che se ne andasse in Canada o a Barbados. Erano quelle le sue mete preferite quando fuggiva dai drammi di casa Carrisi. Non conosco più così bene il caro fratellino!" sentenzia.
"Barbados? Non avevate una casetta sull' albero come tutti gli adolescenti?" commento.
Non ho afferrato il senso di quello che ha detto e non posso nemmeno replicare: la cena è pronta.
Davide risulta essere un abile oratore. Ha intrattenuto la mia famiglia per più di tre ore. I miei e mia sorella pendono letteralmente dalle sue labbra. Racconta dei suoi viaggi descrivendo scenari ai limiti dell' immaginabile. Rafting alle cascate del Niagara? Safari in Kenya? Festini con le principesse di Svezia? La cosa incredibile è che non puoi non credergli! Il suo tono di voce soave fa si che le sue parole ti accarezzino come una morbida coperta di cashmiere nelle fredde sere d' inverno. Un fiume di belle parole in piena. Un pappagallo ben piumato dalla voce melodiosa. Ok, basta.
"Vado a prendere il dessert" dice mia mamma ancora sghignazzante dopo una stupida battuta su un vaso che io non ho capito.
"Signora Torre, la prego, me permetta di aiutarla!" dice Davide servizievole alzandosi.
Bleah, mi viene da vomitare!
"Oh caro. Non ce n'è alcun bisogno, stai pure comodo!"
Mia madre esce dalla camera da pranzo ancheggiando un pochino. Il vestito bianco di lana grossa le cade divinamente sul sedere. Se non fosse che Davide ha vent' anni meno di lei giurerei che sta facendo la civettuola.
"Papà per me si è fatto tardi. Domani ho un sacco di lavoro da sbrigare, mi riporteresti a casa?". E' passata mezzanotte e sono davvero stanca. Stanca e innervosita. Non ho avuto un solo secondo per chiedere a Davide che diavolo è successo tra lui e suo fratello.
"Non vuoi rimanere a dormire qui?" chiede mia mamma speranzosa.
"No mamma, ho tutte le mie cose a Milano e domani mattina non ce la farei a passare da casa prima di andare a lavoro" mi giustifico.
"Avvocato Torre lasci che riporti io a casa Filippa, devo tornare a Milano comunque e non mi costa nulla"
"Filippa sei d' accordo?" chiede papà.
"Certo!" dico con troppa enfasi. Claudia e mia madre mi fissano interdette.

Davide possiede una grossa jeep nera simile a quella di Enrico. Salgo in macchina dopo aver salutato tutta la mia famiglia. Davide sussura qualcosa all' orecchio di Claudia, le da un bacio sulla guancia e viene verso la macchina. Claudia ha gli occhi a forma di cuore mentre lo fissa salire sulla jeep. Come possono diventare stupide le ragazze quando vedono un paio di addominali scolpiti e un sorriso da pubblicità del dentifricio.
"Quindi, Filippa, raccontami, come ha preso mia madre il fatto che Enrico -il suo adoratissimo Enrico- frequenti una stagista?". Ha perennemente stampato in faccia un sorriso malizioso e supponente.
"Non lo sa" confesso. "Non ci frequentiamo da molto".
"L' immaginavo. Quindi tu, ufficialmente, non sei sentimentalmente impegnata?" chiede lui. Ma che fa? Ci prova?
"E tu?" chiedo io.
"Libero come una farfalla?"
"E mia sorella?"
"Claudia sa benissimo che non cerco nulla di serio. Se si fosse fatta qualche illusione sbagliata non posso farci nulla! Sarò a Milano per poche settimane, purtroppo devo incontrare la mia famiglia per alcune questioni burocratiche. Tornerò a Gibilterra il prima possibile"
"Sei stato a conoscere la sua famiglia" gli ricordo. Sono allibita.
"No. Sono stato a cena a casa di una ragazza che ho conosciuto in un bar. Tua madre mi ha invitato l' altra sera e, dato che comunque avrei dovuto cenare, ho accettato Non c'è stato nulla con tua sorella. Nulla di fisico" sottolinea.
Sbuffo. Almeno non ha approfittato di lei. "Sarebbe meglio che tu fossi un po' più chiaro quando vedi una ragazza"
"Sai, non sei la prima a dirmelo" scherza.
"Perché sei in rotta con la tua famiglia? Che hai fatto ad Enrico? Quando ti ha visto, alla laurea, ha dato di matto!" gli chiedo.
"Filippa io credo di non essere la persona giusta per parlarti della mia famiglia. Sempre se così si possa chiamare. Forse non è mai stata una famiglia e comunque si è sgretolata così tanto tempo fa e non ne è rimasto nulla" la sua voce si addolcisce. Un velo di amarezza si avverte nelle sue parole.
"Mi spiace per questo"
"Non essere dispiaciuta. Io sono sempre stato dell' idea che il divorzio fosse l' unica soluzione per quei matti. Mia madre non è una donna facile da gestire: è totalmente assorbida dal suo lavoro. Per lei non esiste altro e, per altro, intendo anche la sua famiglia. Non mi ricordo un compleanno, uno soltanto, quelle rare volte che si è presanta, in cui è rimasta fino al taglio della torta. Sai che giorno faccio il compleanno io?" mi chiede. Sembra amareggiato. Gli rispondo di no con un cenno della testa.
"Il venti settembre. In piena settimana della moda! L' ultima volta che ho festeggiato un compleanno è scappata per andare alla sfilata di Armani. Ho deciso che non le avrei più dato la possibilità di scegliere tra me e il suo lavoro. Ho realizzato presto di non avere molte chance di vincere in questa lotta!"
"Devi aver sofferto parecchio" dico. Mi spiace sinceramente.
"Ho imparato, con il tempo, che non era colpa mia. Enrico non ha saputo fare lo stesso ed è rimasto intrappolato sotto le ali di mia madre!". La sua collera nei confronti di Anita è palapabile.
Davide ferma la macchina all' inzio della mia via. Mi chiede quale sia il portone, glielo indico.
Alzo gli occhi e mi rendo conto che tutte le finestre dell' attico sono illuminate. "La mia coninquilina starà dando una festa" commento.
"Vuoi che ti accompagni su per vedere se è tutto ok?" chiede Davide mentre mi apre lo sportello e mi porge la mano per farmi scendere. Anita non sarà stata la migliore madre del mondo ma devo ammettere che ha educato davvero bene i suoi figli.
"Come vuoi" rispondo.
Infilo la chiave nella serratura, entro nell' atrio e chiamo l' ascensore. Il gabbiotto di legno dipinto scricchiola tra un piano e l' altro. Appena arriviamo all' ottavo le porte si aprono.
"Ariii, sono a casa!"
"Filippa, finalmente!" Enrico è davanti a me. Ha l' aria stanca di chi non dorme da un po'. Mi viene incontro e mi stringe.
"Filippa ho provato a chiamarti ma il tuo telefono è irraggiungibile" si giustifica Arianna.
Rimango impassibile, sono ancora seccata. Non si sparisce per due giorni e non mi importa se tra di noi non c'è ancora nulla di definito, nel caso adducesse questa scusa!
"Che diavolo ci fa lui qui?" chiede inferocito quando si accorge di Davide fermo sul pianerottolo.
"Mi ha riportato a casa" commento pacifica. "Ha cenato a casa dei miei, era ospite di mia sorella Claudia. Saresti stato con noi anche tu se non fossi scappato a Barcellona!".
"Sparisci Davide!" ordina. Mi scansa con un gesto deciso e chiude la pesante porta di legno con un forte colpo. Le pareti sembrano tremare.
Continua...
Vai al CHAPTER 8

Licenza Creative Commons
45 giorni a Vogue by Robi Landia is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia License.
Permissions beyond the scope of this license may be available at robilandia11@gmail.com.

5 commenti:

  1. posso ripetermi?
    Scriiiiiviii aahahaah, sei bravissima e originale. Aspettati un mio post a breve..tuuutti devono leggere! :)

    RispondiElimina
  2. Grazie mille, come sempre, Claudia! I tuoi commenti sono piacevoli come una borsa di Chanel che ti arriva a casa in regalo! :D
    R.

    RispondiElimina
  3. Ahhahahaha...non potevi farmi miglior complimento! :D

    RispondiElimina
  4. Io preferisco l'uomo senza addominale scolpito, ma non transigo sul sorriso :-)

    RispondiElimina
  5. Fantastica, non vedo l'ora di seguire il restooooo!!!!!! Grande

    RispondiElimina

Dimmi la tua!