domenica 23 ottobre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 8




Enrico si appoggia allo stipite della porta e inspira. "Scusami" sussurra. I muscoli tesi delle braccia, il volto contro la parete. "Ho perso la testa. Succede ogni volta che torna a Milano". Lo fisso e riesco a scorgere una parte di lui fragile in netto contrasto con la forza che dimostra. E' così alto, muscoloso e impostato che potrebbe sollevare il mondo eppure qualcosa del suo passato l' ha fatto scattare come una molla rendendolo di cristallo. Lascio cadere la borsa che stringo incollerita in mano e mi avvicino a lui. Gli accarezzo la schiena, il mio tocco sembra distenderlo magicamente. 
"Andiamo a letto" gli dico prendendolo per mano. 
Enrico si siede sul bordo del mio letto e si toglie le scarpe. "Filippa è tutto ok tra di noi?" chiede dandomi le spalle. Mi piace il suono delle parole 'tra di noi'. Lo fa sembrare reale.
"Enrico è la seconda volta che scappi" mormoro. Mi sfilo i jeans e sbottono la camicetta azzurra che indosso. Lui mi viene alle spalle e mi cinge poggiando la bocca sul mio collo. 
Il suo respiro caldo mi attraversa la pelle. Sto cercando di rimanere lucida e focalizzata sul fatto che lui prende e scappa ogni volta che... Oh... Così non vale!
La sua bocca disegna sul mio corpo, le sue mani corrono veloci. In men che non si dica lui è sopra di me. 
Per tre volte, questa notte, ho cercato di intavolare il discorso e per tre volte è finita sempre allo stesso modo. Alla terza volta, sfinita, mi arrendo. Mi accocolo sul suo petto e mi addormento. Enrico mi regala un ghigno divertito che grida vittoria.
"Hai vinto una battaglia ma la guerra è lunga!" 
"E' piacevole questa guerra!" dice stringendomi ancora di più a se.
Si è rilassato e il suo respiro è tornato quello di sempre, il suo cuore è rientrato nei binari ma io non ho ancora avuto una risposta. 

Mi fiondo nella doccia. Non sono in ritardo, di più. Ferdinanda mi porterà alla riunione di redazione con lei: fra i redazionali proprosti per il numero di dicembre ce n'è uno mio e non sto più nella pelle aspettando di sapere se sarà pubblicato o no. Ho fatto un confronto fra gli stili che nascono in città diverse: dall' eleganza naturale che regala Parigi alla libertà che fa di New York la patria dove tutto si può osare fino alla raffinatezza di Milano e all' austerità di Londra. Ferdinanda sembrava abbastanza soddisfatta dopo averlo letto ma l' ultima parola, ovviamente, è di Anita. Se solo sapesse chi c' era nel mio letto stanotte. 
Questa frase mi fa sembrare una sporcacciona, vero? Ok, dimenticatela. 
La porta della doccia di vetro scorre velocemente ed Enrico si butta sotto il getto caldo che mi stavo godendo in solitudine. Mi da un bacio sul naso.
"Siamo di fretta e poi, così, salvaguardiamo l' ambiente dato che sprechiamo meno acqua!" ridacchia.
Lo fisso sconcertata qualche istante poi scosto i capelli dalla schiena e lascio che me la insaponi. 
Agli uffici di piazza Cadorna si lavora a pieno ritmo. I ritocchi alla copertina sono stati fatti e Anita ha già approvato gran parte del numero. Il colore rosso prevarrà nei servizi fotografici e ho adocchiato un vestito di Versace rosso intenso che sarebbe perfetto per la notte di capodanno. Qualunque cosa farò per Capodanno. Insomma Versace va bene sempre. Io ed Enrico siamo soli in ascensore così ci concediamo un lungo bacio per salutarci. Quando le porte si aprono al quinto piano siamo pefettamente composti e distanti come da copione. Rido sotto i baffi quando mi saluta con un formale "buona giornata Filippa". Non che ce li abbia davvero i baffi, attenzione!
"Filippa, finalmente sei arrivata!" mi dice Franz, uno degli altri sette stagisti che aspirano a firmare il contratto di un anno con Vogue, mentre mi avvio alla mia scrivania. 
"Non sono così in ritardo" mi giustifico. 
"Sono state fatte fuori due persone stanotte" dice con gli occhi sbarrati. 
Ora, fermiamoci un attimo. Se a voi dicessero, testuali parole, "sono state fatte fuori due persone stanotte" pensereste -come prima possibilità- ad un efferato omicidio? Beh. Vi sbagliate. Qui a Vogue non hanno bisogno di ammazzare nessuno: basta che licenzino qualcuno per far si che quello si ammazzi da solo. 
"Oh no" rispondo "chi?" 
"Loretta e Fabio. Puff. Liquidati. Gli è arrivata una mail ieri sera in cui gli comunicavano che i loro quaratacinque giorni a Vogue si concludevano con effetto immediato e che non era il caso che si presentassero più in redazione. Mai più. Mai. Più!" racconta Franz teatralmente. 
"Io non controllo la posta da ieri pomeriggio" faccio allarmata. Comunque quei due non erano assolutamente adatti: una mattina Giorgio Armani in persona è venuto in redazione per un incontro privato con Anita e Loretta non sapeva nemmeno chi fosse. 
"Non ne hai bisogno" risponde severa Ferdinanda alle mie spalle. "Franz torna a lavoro e non spaventarmi la stagista, Filippa vieni con me". 
Il mio cuore si è fermato per un istante. Se mi fosse arrivata quella mail molto probabilmente anche io starei meditando un volo dalla punta più alta del Duomo di Milano.
"Siediti e chiudi la porta" mi intima Ferdinanda quando siamo dentro il suo ufficio. 
"Filippa, ho bisogno di parlarti. E' una cosa seria" 
Oh no. Mi vuole licenziare di persona ecco perché non ho bisogno di controllare le mail. Sento che le lacrime stanno per uscire. Oh  no. Oh no. 
Oh No... Aspetta... Perché è Ferdinanda a piangere? 
"E' successa una cosa assurda" dice singhiozzando. 
Sono confusa: non dovrei essere io a piangere dopo che mi avrà licenziata? 
"Non so come sia potuto accadere. Io non ho il tempo di mangiare figuriamoci di fare del sesso. Sono impegnata dalle sette di mattina alle sette della mattina dopo, sono ad un passo dal diventare capo degli editor di Vogue Italia. Capisci quello che significa, Filippa?" 
In realtà no ma non lo dico. Non vorrei sembrare stupida così taccio e faccio un semplice cenno d' assenso con la testa. Il risultato è che sembro più stupida ancora. 
"Io non ho una relazione da dieci anni. Dieci lunghissimi anni, non so come sia potuto succedere. Non so che fare" sembra che Ferdinanda stia parlando sola. 
"Ferdinanda, perdomani, ma credo di essermi persa" le dico confusa. 
"Sono insdirjghita" bisbiglia. Io non l' ho capito che ha detto. 
"Cosa?" chiedo. 
"Incinta. Gravida. Gestante. Pregnant. Dolce attesa. In quante lingue vuoi che te lo dica?" sbotta. Con la mano crea delle aureole intorno al suo corpo mimando un pancione. 
"Oh... Beh... Congratulazioni?" domando. Non sembra una di quelle donne che si vedono nei film che raccontano a tutti quanto siano felici di essere incinte. 
"Congratulazioni? Ti sembra il caso? Ti sembro una donna felice? Sono una donna disperata. Cosa dovrei fare adesso?" chiede. Sto per aprire bocca ma inizia a camminare su e giù per l' ufficio blaterando parole. Non riesco a cogliere tutto quello che dice.
"Grassa... Licenziata... Anita... Furiosa... Tata... Figli... Completo di Armani... Conferenza ad Hong Kong... Dannazione... Dietro un bancone... Maledetto uomo dotato di sperma..."
Sull' ultima affermazione decido di fermarla. 
"Ferdinanda, siediti un attimo. Io credo che un figlio sia una benedizione ma, nel recente passato, ho potuto constatare quanto è difficile per una persona crescere con una madre che non sa metterti al primo posto. Devi volerlo un figlio se lo metti al mondo perché non puoi soltanto partorirlo e aspettare che uno stuolo di bambinaie lo cresca per te" le dico onestamente. Mi torna in mente lo sguardo perso nel vuoto di Davide che ricorda i compleanni di quand' era bambino. Ferdinanda è totalmente assorbita dal suo lavoro: lei vive per Vogue, come Anita. 
"Io ho trentanove anni. E se non mi capitasse più? Non avevo mai immaginato me stessa in veste di mamma perché non ho mai avuto il tempo di avere una relazione stabile, di stare con un uomo tanto da volerlo come padre per i miei figli"
"I figli non si fanno perché non c'è più tempo nè, tantomeno, per avere una compagnia. Devi essere cosciente che la tua vita cambierà radicalmente: un esserino dipenderà in tutto e per tutto da te"
"Ho paura Filippa" 
"L' immagino".
Si butta stancamente sulla sedia e si lascia andare ad un pianto liberatorio. "Perdonami per lo sfogo" dice tra i singhiozzi "il dottore mi ha detto che sono gli ormoni" 
Le faccio un sorriso. Sembra così fragile eppure sono certa che questo figlio sia arrivato nel momento giusto. Ferdinanda, con me, da quando è iniziato il mio stage è stata sempre disponibile e gentile. Mi ha dato i consigli giusti e ha creduto in me come solo una mamma sa fare. 
Ferdinanda torna in se e afferra la trousse dentro la grossa borsa di Chanel appesa allo schienale della sedia. Si passa sapientemente la cripria nei punti giusti dopo aver asciugato le lacrime. "Filippa non devi fare parola con nessuno di questa situazione, non so ancora cosa farò"
"Ovviamente. Per qualsiasi cosa non esitare a chiamarmi" le dico.
"Filippa mi fido di te, sarai i miei occhi e le mie orecchie qua dentro. E quella giacca di Maxime Simoens è favolosa" dice riferendosi alla giacca beige con le borchie dorate che indosso.  
Le faccio un si con la testa, esco dal suo ufficio e torno alla mia scrivania. Il numero è in chiusura e la tensione si è allentanta. Il pensiero di due stagisti già licenziati, prima di finire i quarantacinque giorni, mi turba un po'. Un vocio si alza nell' open space di fronte gli uffici. Ci sono stagisti che bisbigliano, alcuni ragazzi che ho visto alla sezione fotografia ridacchiano. Alzo la cornetta del telefono che ho sulla scrivania e digito il numero sette che corrisponde alla postazione di Franz. "Che cosa sta succedendo?" chiedo.
"C'è un ragazzo nella stanza della Lozzani, stanno gesticolando e sicuramente il tono tra di loro non è amichevole. Oh... Aspetta... E' appena entrato Enrico, adesso anche lui gesticola. Ti richiamo tra un minuto" riattacca. 
Ho come il presentimento di sapere chi è il misterioso ragazzo che è nell' ufficio della Lozzani. Mi allontano dalla mia scrivania e mi defilo verso gli ascensori: vado a nascondermi al quinto piano, non voglio che gli altri della redazione vedano che conosco Davide.  
Nel bellicoso programma di fuga che ho fatto c'è solo un piccolo problema: la mia goffaggine! Dovete sapere che se c'è una pila di magliette e io devo prendere la prima sono capace di far cadere tutte le altre senza nemmeno toccarle. Sgattagliolo indifferente sulle punte dei miei stivali e bum. Indovinate contro chi vado a sbattere? Davide! 
"Filippa non c'è bisogno che mi vieni addosso, sarei passato a salutarti prima di andaremene!" dice allegro. 
"Ecco, proprio quello volevo evitare" gli comunico.  
Intorno a noi cala il silenzio, ci fissano tutti. Cerco Enrico con lo sguardo: se perde la testa un' altra volta, in mezzo alla redazione piena di gente, non ho bisogno nemmeno di aspettare l' e-mail di licenziamento. 
Anita ed Enrico stanno uscendo dall' ufficio di lei e si stanno diriggendo verso l' open space. Al passaggio del grande capo tutti ritornano alle loro postazioni fingendo di essere impegnati in qualche telefonata o fissando dei fogli di carta bianchi. Io faccio lo stesso: mi dileguo candidamente e mi precipito agli ascensori. Le porte scorrevoli si aprono e mi infilo dentro. Davide mi segue. 
"Scappi?" chiede. 
"Se mi dovessero chiedere come conosco il figlio segreto della Lozzani cosa dovrei dirgli?" gli faccio infuriata "perché nessuno prende seriamente il fatto che io prenda seriamente i miei quarantacinque giorni a Vogue?" 
"Chi ti dice che io non lo prenda seriamente?" 
E' inutile anche rispondere. Le porte dell' ascensore si aprono e corro fuori verso la saletta dove lavora Enrico alla post-produzione. Non guardo nemmeno Davide che sparisce quando le porte si richiudono. 
"Filippa che ci fai qui?" chiede Enrico entrando nella saletta.
"Ti dispiace?" 
"Ho visto che sei arrivata addosso a Davide". Ma dove siamo? Al Grande Fratello? 
"Mi spiace, sgattaiolavo via per non salutarlo e non dover spiegare a nessuno come lo conosco ma gli sono caduta praticamente sulle braccia" mi giustifico. Tutti questi segreti finiranno per distruggermi senza contare che adesso Ferdinanda è pure incinta. Ma quello il resto della redazione lo scoprirà presto: qui si accorgono anche quando prendi un chilo. Un misero chilo!
Enrico mi abbraccia e mi bacia la fronte. "In questo momento mi piacerebbe portarti di sopra e far vedere a tutti che stiamo insieme" dice.
"Stiamo insieme?" gli chiedo. Wow... Non l' avevo ancora vista in questi termini. Ci frequentiamo da meno di due settimane e, anche se tra di noi è tutto molto intenso, non mi ero resa conto -o forse non volevo ammetterlo per paura che così non fosse- che lui volesse essere mio. Solo mio. Per un secondo il lavoro non mi sembra così importante. Solo per un secondo però.
Enrico mi fissa stranito. "Non vuoi stare con me?" chiede. 
"Non chiedo di meglio".
Continua...

Val al CHAPTER 9


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7 commenti:

  1. Ma che cariiiiiini *_*

    Aspettavo l'ottavo capitolo, e mo sono in attesa del nono! :D
    Dai Dai Dai Dai!

    Diventerò il tuo incubo! :D

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  2. ahaha Fossero tutti così gli stalker ne vorremmo uno ciascuno! :D
    R.

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  3. :(
    mi auto metto in punizione nell'angolo.. :(

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  4. E' impossibile! Robilandia è un' isola rotonda! Qui non ci sono angoli! :P
    R.

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  5. Come suggerito da Claudia la scorsa settimana ho iniziato a leggere "45 giorni a Vogue" e me ne sono innamorata, così ho letto tutti i 7 capitoli al volo e aspettavo l'ottavo :D
    Ora, come dice lei, vogliamo il nono ahah

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  6. Ciao, ho letto i tuoi capitoli in una mattinata, sono davvero magnetici! La storia anche se "già sentita" è resa comunque intrigante e piacevole da leggere! Dai attendiamo tutte il seguito.....^__^ ciaooo

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