sabato 26 novembre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 15


Una piccola stradina illuminata dalla luce della luna e da una fila di alti lampioni di ferro battuto culmina in un rudere che sembra uscito da una cartolina della campagna scozzese. Ghirigori di edera a foglie larghe ne ricopre la la parte alta scendendo la tetto completamente rivestito di mattoni scuri. 
"Copriti, prima di scendere, Filippa. Siamo molto più in alto di Milano" mi suggerisce Davide. Gira la chiave e la macchina si arresta silenziosamente. Nel parcheggio del ristorante ci sono poche altre vetture oltre la nostra ma, considerata l' ora, è comprensibile che molti abbiano già cenato dato che domani è un giorno lavorativo. 
"Vieni spesso qui?" chiedo. 
"Non tornavo a Milano da quasi due anni e, per certi versi, avrei preferito farne a meno ma sono contento di essere qui. In questo momento, intendo" mi strizza l' occhio e scende dall' auto. Aggira il veicolo e mi apre lo sportello prontamente porgendomi la mano per scendere. Ringrazio.
La ghiaia del paercheggio scricchiola sotto i nostri passi. Il rumore è simile a quello che fanno i cereali quando li mastichi. Cric croc. Cric croc nel silenzio. Camminiamo lenti, uno di fianco all' altro, assaporando il momento. Come se in quel momento non fosse importante la quantità del tempo ma la qualità. 
Davide ha ragione: a Lugano fa più freddo che a Milano. Non credevo fosse possibile: qui nemmeno i pinguini ci verrebbero. Un brivido di freddo mi percorre la schiena sotto la camicetta leggera. Davide se ne accorge.
"Te l' avevo detto!" sorride. Mi poggia una mano sulla schiena e la strofina forte per riscaldarmi mentre affrettiamo il passo verso il caseggiato. Il suo tocco è amichevole. 
All' ingresso un ragazzino in divisa da cameriere con tanto di cravattino verde menta ci chiede i cappotti. Lo sbalzo termico tra l' interno e l' esterno è di trenta gradi. 
No, non esagero. 
"Luciana non c'è?" chiede Davide al ragazzino. 
"Qualcuno mi chiama?" una voce melodiosa da marcato accento del sud proviene da una delle porte che si aprono sull' ingresso del posto. "Oh. Mio. Dio. Chi si rivede..." canticchia una signora troppo truccata e troppo ingioiellata. Una linea marcata di eye liner le disegna gli occhi, lunghissime ciglia -che sospetto siano finte- fanno su e giù ammiccanti alla vista di Davide. 
"Luciana" sospira teatralmente Davide. E' un adulatore nato. Le afferra entrambe le mani e se le porta al viso. "Che splendida visione sei, mia cara, come sempre"
Luciana inizia un gorgheggio di svariati "Ohhh" mentre Davide la riempie di complimenti. 
"Quanti anni sono passati dall' ultima volta? E quante ragazze..." ammicca indicandomi con gli occhi.
"Troppi anni. E' sempre troppo il tempo che mi tiene lontano dalla tua cucina. Luciana vorrei presentarti Filippa.... Mia cognata..." dice divertito.
"Ma Davide" lo riprende lei toccandogli maliziosamente il sedere "addirittura con tua cognata". Luciana ride di gusto e mi viene incontro stampandomi due baci sulle guancie. "Benvenuta cara!" mi osserva per qualche secondo toccandomi le spalle coperte solo dalla camicetta di seta "come sei smilza: sei così magra che se ti metti di profilo ed esci la lingua ti scambiano per una zip . Sedetevi, che ci pensa Luciana a voi"
"Non chiedo di meglio" sussurra Davide all' orecchio di quella donna che ride giuliva. 
Luciana ci fa segno di seguirla e Davide ubbidisce assecondandondala. Ci accompagna in un angolo della sala in cui c'è un solo tavolo rotondo. Una morbida tovaglia di cotone egiziano blu scuro copre il tavolo. Sopra posate d' acciaio pesante e bicchieri di cristallo. 
"Vi porto i menù?" chiede Luciana ammiccante a Davide. 
Lui le prende la mano e se la porta sul cuore "Luciana così mi offendi". 
La donna ride ancora più forte, credo voglia sembrare provocante. Mi strappa un sorriso per quanto è buffa costretta in un corpetto aderentissimo, dal quale escono rivoli pelle da tutte le parti, con le spalle in pizzo. Si allontana e la vedo dare disposizione ad altri due camerieri. 
"Tua cognata?" gli chiedo quando rimaniamo, finalmente, soli. 
"In un certo senso" allude Davide. "Per quanto io ed Enrico siamo la cosa che somigli meno a due fratelli ci ha partorito lo stesso robot... ehm... la stessa donna" sorride amaramente. 
"Che cosa è successo tra di voi?". Meglio essere diretti. Per quanto la serata stia risultando più piacevole di quanto avessi immaginato voglio ancora sapere il motivo del loro astio. 
Davide scosta la manica della camicia mostrando il grosso orologio d' acciaio con la ghiera verde e sussurra divertito "sono le undici. Non sono sicuro di poterti raccontare tutto quello che ci siamo fatti per ferirci e riportarti a Milano in tempo per andare a lavoro". 
"Che stupido..." gli dico. Appoggio involontariamente una mano sul suo braccio. Una scarica elettrica lo percorre. Lui alza gli occhi e li posa sui miei. 
"Ci sono quasi vent' anni di ripicche da raccontare". La sua voce è amara. Un fondo di umanità si intravede nei suoi occhi. E' strano ma, per la prima volta, mi rendo conto che è Davide quello a cui manca di più la sua famiglia e non Enrico come avevo sempre creduto. 
Un cameriere con lo stesso cravattino blu del ragazzino all' ingresso si avvicina al nostro tavolo e ci versa un abbondante sorsata di vino nei bicchieri panciuti. 
Lui aspetta che Davide assapori il liquido alcolico e gli dia la sua approvazione. "Dì a Luciana che è perfetto" dice al ragazzo, "provalo Filippa. E' un rosso eccezionale" mi incita. 
Mi concedo una lunga sorsata di quel vino frizzante delizioso e mi lascio accarezzare la gola dalle bollicine. 
"Ti piace mio fratello?" mi chiede versandomi ancora un po' di vino nel bicchiere. 
"Molto. E non lo dico per dire. Ha toccato dei tasti nella mia anima che non credevo nemmeno di possedere. C'è qualcosa nel suo modo di fare talmente delicato da renderlo prezioso per chi lo incontra" gli dico onestamente. 
"E' mia madre che ti spaventa" conviene. 
"Non la metterei proprio così. Non sono un' incosciente ma il fatto è che io e lui non ci siamo ancora confrontati con la realtà delle nostre vite. Io ed Enrico stiamo insieme da pochissimo e in queste settimane non abbiamo avuto modo di viverci nel mondo reale. Quando siamo soli, insieme, non esiste nessun altro. Quando siamo a lavoro, dove c'è anche tua madre, siamo io e lui -come coppia- a non esistere. Ero titubante, lo ammetto, all' inizio, ma non è durata più di un' ora. Di lui mi attraeva tutto e -nonostante sapevo chi fosse e il danno che poteva arrecare alla mia carrierra, alla quale tengo più della mia vita- ero talmente attratta da lui che lasciarmelo scappare mi sembrava impensabile. E così sono passati i giorni e poi le settimane. La settimana prossima festeggeremo un mese che stiamo insieme. Sembra infantile ma dopo tutto quello che abbiamo passato per difenderci dalla realtà è un traguardo che va celebrato secondo il nostro punto di vista" gli spiego. 
"E New York? Non vuoi fare nemmeno il colloquio? Scusami se parlo francamente ma saresti un idiota di dimenzioni colossali se ti lasciassi sfuggire un' occasione del genere. Sai che Enrico potrebbe seguirti: è un fotografo, il suo posto di lavoro è il mondo" 
"Lo so. Ma posso costringerlo a stravolgere la sua intera vita? Una vita consolidata in più di trent' anni rivoltata come un calzino da una che conosce da un mese?". 
Non sono mai stata abbituata a chiedere agli altri di fare qualcosa per me; fin da bambina ho preferito pesare il meno possibile sulle persone e non ho mai voluto che le mie decisioni influenzassero altri oltre me. Solo che poi la vita ti sorprende e ti fa incontrare l' amore. Quello per cui faresti pazzie e che non lasceresti appassire per  nulla al mondo e allora sei costretta a fare delle scelte che speri che l' altra metà della coppia condivida, accetti, assecondi. La cosa che mi spaventa di più è che Enrico non accetti di venire con me se glielo chiedessi. Se mi dovessero prendere a Vogue America ed Enrico non volesse trasferirsi a New York ne morirei. Ed è questo che mi ha sempre terrorizzato dell' amore: la consapevolezza che c'è qualcun altro, nel mondo, che può distruggerti con una sola parola. Un solo, semplice, no alla mia richiesta di seguirmi a New York sarebbe doloroso come una pugnalata. 
"Io è da tutta la vita che aspetto qualcuno che mi stravolga la vita!" mi dice Davide. Il tono della sua voce è in un punto a metà tra la rassegnazione e la sparanza. Un punto strano, che non avevo considerato, a metà tra il cuore che ti fa ancora sperare di poter incontrare quella famosa 'altra metà della mela' di cui tutti blaterano e la ragione che ti impone di non crederci troppo che -si sa- chi di speranza vive disperato muore. 
"Tu ci credi nell' amore?" gli domando. Non sembra il tipo che si innamora ogni giorno. 
"Dobbiamo essere onesti: uno crede nell' amore solo quando ha avuto un esempio positivo da quelli che crede siano l' incarnazione dell' amore per eccellenza!" dice accennando un sorriso. Non afferro immediatamente a chi si riferisce e gli chiedo di continuare.
"I genitori. Pensaci: sono i nostri genitori che ci insegnano a volere bene, ad amare. Ma se l' esempio che hai non è un granché non puoi che crescere come un disilluso" mi spiega.
"Tu ed Enrico siete fratelli, avete gli stessi genitori, eppure sembrate viaggiare a due velocità completamente differenti" 
"Mettiti comoda Filippa" dice versando mi un altro po' di vino mentre Luciana ci serve due deliziosi antipasti di verdure grigliate con del profumato formaggio svizzero fuso sopra. "Facciamo un viaggio nel tempo e andiamo indietro di vent' anni" inizia a raccontare della sua famiglia, dei problemi che ha con il fratello. Di Anita. Non sono sicura al cento per cento di voler ascoltare il lungo ed intimo racconto della vita del mio capo nonché madre del mio uomo ma, tra il vino e la curiosità, mi abbandono rapita alle parole di Davide. 
Continua... 

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45 giorni a Vogue by Robi Landia is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia License.
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8 commenti:

  1. Grrrrrrr......
    Mi sto trannenendo, sappilo!
    GRRRRRRRRRRRR

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  2. Perché Claudia?? In fondo Filippa ha chiarito da che parte sta.. :D

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  3. mi ci ritrovo benissimo in quello che dice davide sui genitori e sull'amore.. :S
    comunque sappi che mi mangio sempre di più le mani leggendo, voglio sapere come finisce!!! :D
    se passi da me c'è un bel (spero) giveaway! baci ;)

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  4. Ahahha, perchè non sopporto i doppi personaggi maschili in una storia, e soprattutto la protagonista un po' di qua e un po' di la! ahahaha... tipo Twilight, quanto ho odiato jacob!! :D

    Scriiiiiiiiiviiiii

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  5. Si ha chiarito ma un po' è tentata. Io adoravo Jacob e volevo che stesse con lui, come si fa a preferire uno freddo a uno caldo!! =)

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  6. Che avreste fatto al posto di Filippa? Avreste rinunciato ad uscire con Davide? :D Io no...!
    Robi

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  7. Ahahahah Anna! :D
    Ehh ma quello con Edward è l'amore di sempre.

    Io avrei rinunciato, e piuttosto chiesto il perchè di una cena, non si poteva parlare e basta? -.- Se proprio proprio era così smaniosa di sapere...

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  8. hahahahahahhaha brava Anna!!! concordo in pieno!!! W il caldo!!

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