lunedì 21 novembre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 14



Sulle note di questa splendida area de La Traviata, enjoy it!



"Tu sei pazza!" conclude Arianna. E' appoggiata allo stipite della porta della mia stanza e mi osserva mentre mi vesto in fretta e furia per correre a lavoro. Enrico mi ha appena riportata a casa dopo la splendida giornata, e nottata, da soli a casa sua. 
"Perché?" chiedo mentre alzo la cerniera del tubino nero con le maniche arricciate che indosso. Le ho raccontato a grandi linee cosa è successo con Davide dopo la festa.
"Filippa dopo quello che Davide ha fatto alla festa in maschera io non capisco come tu possa ancora dargli credito. Hai passato una notte in ospedale a vegliare il tuo capo, il ragazzo con cui stai che è anche suo fratello nonché il figlio del tuo capo stava per mandare a monte la tua carriera; tutto questo per colpa sua e tu che fai? Vai a cena con lui per premiarlo? Io non ti capisco. Non ti sembra che ti abbia creato già abbastanza casini? Senza considerare il fatto che l' hai conosciuto solo perché piace a tua sorella"
"Ha promesso che questa cosa rimarrà tra di noi" lo giustifico. 
Arianna mi guarda shockata come se avessi appena affermato di aver visto Babbo Natale con convinzione. "Non so se tu sei più pazza, ingenua o stupida!" sbotta. 
"Mi devi coprire. Enrico è a cena da sua madre ma tutto è possibile. Gli ho detto che andremo a cena a casa dei tuoi e che rimarremo a dormire la stanotte" 
"Non esiste. Se chiama io gli dico dove sei" 
Alzo lo sguardo e le lancio un' occhiataccia. 
"Ok, non gli dico dove sei perché sono tua amica ma sappi che vorrei farlo!" afferma. 
"Apprezzo la tua lealtà. Comunque è meglio che al telefono tu non risponda proprio" le dico infilando alla rinfusa tutto quello che trovo in giro per la stanza nella grande borsa di Balenciaga nera. 
"Filippa stai giocando con il fuoco" dice risoluta. 
"Arianna anche se lo scoprisse quello è suo fratello, porca miseria. Se lo trovassi a cena con Claudia o con te non mi farei tutti questi problemi" 
"Sei sicura che vai a cena con lui solo per questo vero? Non è che il fratello tenebroso è più interessante di quello onesto e gentile?" allude. 
"Ma che dici!" sono sconcertata "Amo Enrico. E tu lo sai!"
"Io si..."
"Finiamo questa discussione, ok? Forse non ho soppesato per bene tutti i pro e i contro e ho scelto di accettare il suo invito senza pensarci troppo ma che ti devo dire, sono ventisei anni che ragiono su ogni singolo momento della mia vita e guarda come sono combinata: sto, in gran segreto, con il figlio del mio capo. Forse prendere le decisioni di pancia non è poi una cosa brutta, in fondo" 
"Come vuoi, stai attenta" dice rassegnata. 
Mi infilo il cappotto color caramello che spezza il mio abbigliamento funereo, afferro la borsa e apro la porta di casa. "Non c'è niente di cui preoccuparsi" le dico e le stampo un bacio in fronte. 
"Ti auguro solo che queste non diventino le 'ultime parole famose'!" dice Arianna. Mi sembra uno di quei santoni che fanno le carte alla tv, chiudo la porta e mi scrollo di dosso l' ansia che mi ha messo addosso la mia coinquilina.

Arrivo in redazione puntuale come un orologio svizzero. Su internet circolano già da qualche ora le foto del ballo in maschera e Anita cammina mezzo metro sopra il suolo, gongolante per l' ennesima riuscita di una sua iniziativa. Si sentono frasi del tipo "Complimenti Anita" oppure "Congratulazioni Anita, sei la migliore" già dagli ascensori. La fine dello stage è vicina e alcuni venderebbero l' anima su Ebay se questo gli garantisse il contratto di un anno. 
Ferdinanda mi ha mandato per e-mail una lista di cose da fare per conto suo chilometrica. I dottori non le hanno ancora dato il via libera per tornare a lavoro, hanno paura che lo stress possa avere delle ripercussioni negative sulla gravidanza e l' hanno obbligata al riposo assoluto. Anita ancora non sa del bambino e ogni volta che mi chiede di Ferdinanda sudo freddo. 
Il telefono sulla mia scrivania squittisce. "Pronto" rispondo. 
"Filippa sono Caterina dall' ufficio di Anita. Potresti raggiungerci, per favore?". La voce gentile di Caterina, l' assistente personale di Anita, risuona dalla cornetta. 
"Arrivo immediatamente" rispondo. Quando Anita chiama devi lasciare qualunque cosa tu stia facendo e correre il più in fretta possibile per arrivare al suo cospetto. 
Prendo il Blackberry e il block notes nella borsa e mi avvio a grandi passi verso il corridoio che finisce nel grande ufficio di Anita Lozzani. Sono stata nel suo ufficio soltanto un' altra volta: quando sono stata assunta per lo stage di quarantacinque giorni a Vogue. 
Do un colpo di nocche alla porta bianca. Un "avanti" soffuso non tarda ad arrivare. 
Anita è nascosta dietro il grande schermo piatto del computer che le sta di fronte sulla scrivania. Da sotto il piano si vedono le gambe incrociate e portate dietro la sedia. Un paio di Jimmy Choo color corallo spiccano sulle calze grigio scuro di lana ricamata di Miu Miu. 
Anita finisce di mostrare alcuni pezzi che devono assolutamente essere presenti nel prossimo numero a Caterina che prende appunti in maniera convulsa. 
"Accomodati Filippa" mi dice tra un maglione di Missoni che dev' essere pubblicato assolutamente e una borsa di Dolce & Gabbana che dovrebbe essere già presente nel guardaroba di Vogue. 
Mi siedo su una delle due sedie libere di fronte a lei. Sulla parete che mi sta di fronte, tinta di un color crema chiaro, vi sono appese alcune fotografie alle quali non avevo fatto caso la prima -ed unica- volta che sono stata in questo ufficio. Scorgo le faccie, alcune note di stilisti o attori, altre di gente che io non conosco, fino a che non scorgo Enrico. E Davide. C'è anche lui. In quelle foto sembrano felici, tranquilli almeno.  
"Abbiamo finito, grazie Caterina" dice Anita salutando la sua assistente che esce di filata dall' ufficio accennando un timido sorriso. 
"Filippa tutto bene?" chiede incrociando le mani al petto. Si rilassa sulla sedia che sembra enorme in confronto alla sua esile figura. I capelli biondi le scendono sulle guancie fino a coprire le spalle piccole. 
"Benissimo" mi affretto a dire.
"I tuoi quaranticinque giorni a Vogue sono quasi finiti" afferma senza troppi giri di parole. 
"Già" annuisco. Un macigno mi si poggia sul cuore. 
"Ho sentito dire, però, che qualcun altro ha già messo gli occhi su di te. Ci invidiano le stagiste addirittura oltreoceano!" dice Anita divertita. 
"Mi hanno convocato per un colloquio, non so ancora se lo farò. La mia intenzione sarebbe di rimanere in Italia!" le dico sinceramente. Voglio che sia chiaro che questi quarantacinque giorni a Vogue sono stati, per me, il periodo più bello della mia vita e che intendo ottenere il contratto di un anno a Vogue Italia. 
"New York è una città splendida. La redazione di Vogue America è la più ambita del mondo. Molte persone sarebbero capaci di farti sparire e spacciarsi per te pur di fare quel colloquio. Tu, invece, non mi sembri su di giri. Non quanto dovresti" afferma. I suoi occhi si stringono in uno sguardo che non riesco ad interpretare, a metà tra l' ironico e l' indagatore. 
"In realtà, a causa di una serie di sfortunate coincidenze, sono stata sopraffatta dagli eventi da quando è arrivata la convocazione per il colloquio!" dico sovrapensiero.
Mi lancia un occhiata interrogativa e accenna un sorriso malizioso. 
Le vorrei spiattellare in faccia che Ferdinanda è incinta e che mi sta caricando di lavoro; che stasera uscirò con suo figlio Davide all' insaputa dell' altro suo figlio -Enrico- con in quale ho una ridente relazione clandestina. Le vorrei dire che Enrico è l' unico motivo per il quale non me ne andrei mai e poi mai da Milano ma mi limito a sbattere le ciglia in segno di resa. E' chiaro che non voglio dirle nulla di più di quello che ho detto e sembra che ad Anita vada bene così. 
"Stare qui con noi ti piace?"
"Essere a Vogue, poter vedere come lavora la grande Anita Lozzani, imparare da Ferdinanda Colacicco, essere parte di tutto questo, per me è un sogno che si avvera" 
"Era questo che volevo sapere. Continua a lavorare con motivazione, Filippa. Sei brava e ti meriti il meglio. Che sia qui con noi, a New York o in qualunque altro posto tu desideri!". Sembra quasi materna, lontana anni luce dall' immagine che Davide mi ha disegnato di lei. "Puoi andare, Filippa. Torna a lavoro. Con Ferdinanda fuori uso immagino tu abbia molto da fare"
La saluto ed esco da quell' ufficio confusa. Incontro Lara Ferrandi nel corridoio che mi chiede in tono infantile a metà tra il preoccupato e l' eccitato "che voleva la Lozzani da te?".
"Non lo so. Sinceramente non l' ho capito" 
"Non fare la misteriosa Filippa" dice seccata. 
"Nessun mistero" le rispondo secca. Continua a fare delle storie ma la oltrepasso e mi infilo nell' ufficio di Ferdinanda. Chissà che voleva sapere davvero Anita che io le ho detto senza, però, rendermene conto. 

Torno a casa distrutta. Ferdinanda aveva delle scadenze che dovevano assolutamente essere rispettate e fare le sue veci è stato massacrante. Sopratutto dopo che io ed Enrico avevamo pensato poco a dormire la notte scorsa. Vorrei mettermi a letto e risvegliarmi domani mattina ma sono quasi le sette e mezza di sera e devo prepararmi se non voglio fare tardi all' appuntamento con Davide. Apro l' armadio traboccante di vestiti e fisso quello che ho davanti. Avevo pensato al vestito nero di Gucci che mi ha regalato Arianna il Natale scorso ma forse è davvero troppo per una cena informale. Il mio abbigliamento deve dire "sono qui per sentire cosa hai da dire e tornare a casa" e non "parla in fretta e poi saliamo in camera tua". 
Opto per un paio di pantaloni neri aderenti e una lunga casacca di seta grigio antracite. Abbino un paio di stivali alti fino al ginocchio neri senza tacco e aggiungo delle perle grigie ai lobi. L' effetto è gradevole, convengo con me stessa, guardandomi allo specchio. 
Ravvivo i capelli leggermente mossi alle punte e sistemo il trucco. 
Prendo il cappotto nero di Arianna, quello con la cintura, dall' appendiabiti all' ingresso; afferro la borsa nera che avevo stamattina ed esco di casa. 
Mancano pochi giorni a dicembre e l' aria a Milano è gelida. Non mi stupirei di vedere dei pinguini per strada. Mi diriggo a piedi verso il ritrovo dei taxi alla fine della strada e salgo sul primo disponibile. Leggo all' autista l' indirizzo scritto da Davide su quel pezzettino di carta che mi ha messo in mano quando mi ha chiesto di uscire. L' autista fa un cenno d' assenso e ingrana la prima. Arrivamo in meno di venti minuti di fronte un elegante hotel nel centro di Milano poco lontano da Piazza San Babila. 
Mando un sms ad Enrico augurandogli una buona serata prima di entrare. 
Attraverso la porta girevole che si apre su una ampia hall sovrastata da un' enorme bancone per la recemption. Mi aspettavo di trovare Davide li, ma di lui non v'é traccia.
"Buona sera signorina, come posso esserle utile?" chiede gentile un ragazzo in divisa blu. 
"Davide Carrisi, per favore. Mi sta aspettando" 
"Ah, si. Il dottor Carrisi ci ha avvertito del suo arrivo. La sta aspettando al bar, oltre quella porta" dice il ragazzo indicandomi una porta dalle rifiniture cromate e futuristiche dall' altra parte della hall. 
Ringrazio e mi dirigo verso il bar. Scorgo immediatamente la sagoma di Davide. E' di spalle, seduto su una delle sedie in fila davanti il lungo bancone da bar di plexiglas bianco.
"Davide" lo chiamo appoggiando una mano sulla sua spalla. 
Lui posa lentamente il bicchiere contenente un liquido marrone chiaro sul bancone e si gira. "Filippa, ben arrivata" controlla l' orologio "sei puntualissima. Credevo di doverti aspettare qui chissà per quanto tempo." Strizza l' occhio. Chiede al barista di mettere il drink sul suo conto e afferra l' elegante cappotto blu adagiato sulla sedia di fianco alla sua.
La somiglianza, nelle movenze, nel modo di parlare o sorridere con Enrico è strabiliante. 
Indossa un paio di pantaloni di cotone pesante blu scuro e un paio di mocassini dello stesso colore. La camicia celeste, di cui sono sbottonati i primi due bottoni, lascia scoperto il collo possente al quale è attaccata una sottilissima catenina d' argento priva di ciondoli. Un maglione grigio chiaro con dei grossi bottoni dello stesso colore completa il suo look casual ma distinto. 
"Dove andiamo?" chiede Davide. 
"Conosco un ristorante niente male poco fuori Como, quasi al confine con la Svizzera" accenno. 
"Dobbiamo addirittura cambiare stato?" chiede divertito. 
Gli lancio un' occhiataccia. "Se non ti sta bene..."
"Assolutamente. Allora permettimi di portarti in un ristorante favoloso sopra Lugano. Ci vorrà un' oretta, più o meno, ma ne vale la pena. Ok?" 
"Sembra lontano dalla città abbastanza" convengo. 
Davide chiede al ragazzo con il quale ho parlato pochi minuti fa alla reception di far portare la sua macchina dal garage e lui acconsente. 
In pochi minuti una BMW X1 color bronzo metallizzata si ferma davanti a noi, di fronte l' ingresso dell' hotel. Un uomo, che indossa la divisa blu dell' hotel, consegna a Davide le chiavi della macchina e mi apre la portiera per salire. Lo ringrazio e lui ricambia con un sorriso chiudendo lo sportello. Davide mette in moto e controlla dallo specchietto se la corsia è libera prima di immettersi sulla strada. 
"Ma davvero non hai la patente?" chiede divertito. 
"La frizione ce l' ha con me!" 
"Donne e motori..." allude. Ride di gusto.

"Ho alcuni CD li dentro" dice senza staccare gli occhi dalla strada. La conversazione tra di noi è rilassata come se fossimo amici di vecchia data. Davide cerca di spiegarmi cosa fa di preciso a Gibilterra ma, ammetto, di non capire granché. Mi chiede che cosa mi affascini tanto di Vogue, di cosa ci sia di speciale nella Moda, in un vestito. Gli racconto dell' ostracismo dei miei genitori ma sembra conoscere già la storia.
"Claudia mi ha raccontato a grandi linee il tuo rifiuto per il diritto" mi spiega. 
"La Traviata?" chiedo esterefatta fissando la copertina del CD che tengo in mano. 
"Adoro l' opera" ammette imbarazzato. Un velo di rossore accennato si posa sul suo naso e sulle gote. "Quando ero bambino mia madre mi portava sempre con lei Alla Scala. Ho avuto la fortuna di vedere e, sopratutto ascoltare, i più grandi. Avevo addirittura pensato di iscrivermi ad una scuola di canto tanto mi piaceva il mondo dell' opera lirica ma, purtroppo, mi mancava il requisito fondamentale: la voce. Volevo diventare tenore e sono finito a lavorare con i numeri! Il Don Pasquale è in assoluto la mia opera preferita ma La Traviata non mi dispiace affatto" 
Lo guardo ammirata: non avevo mai incontrato nessun altro a cui piacesse tanto l' opera. Mia nonna Eleonora mi portava sempre a teatro con le sue amiche. Qualche giorno prima dello spettacolo, puntualmente, andavamo in centro a Milano per comprare un vestito nuovo. Mi sentivo come una principessa con i miei vestiti nuovi con la crinolina al teatro.  
Infilo il CD nella radio e la musica familiare di Verdi riempie l' abitacolo. Porto avanti la musica fino al primo incontro tra Alfredo e Violetta. 
"Tu canti Alfredo, ok?" gli chiedo divertita. "Io seguo Violetta!" 
Le nostre voci sgraziate coprono quelle dei due cantanti lirici e il nostro 'Libiam ne' lieti calici' sembra più il concerto di uno stormo di oche strozzate. Quando il brindisi finisce scoppiamo entrambi in una risata di pancia. 
"Capisci, adesso, perché non ho potuto frequentare la scuola di canto?" chiede Davide divertito. 
Il lago di Lugano risplende sotto una luna piena impressionante, che troneggia al centro di un cielo sorprendentemente limpido, mentre lo costeggiamo. Per strada non c'è anima viva.  Davide svolta a sinistra del lago che rimane placido alle nostre spalle. Entra in una stradina secondaria delimitata da un alto cancello di ferro scrostato. "Siamo arrivati" annuncia. 
Sono quasi le dieci e mezza e non abbiamo ancora cenato. Sono con lui da quasi due ore ma sembrano trascorsi solo dieci minuti.
Continua...

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45 giorni a Vogue by Robi Landia is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia License.
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11 commenti:

  1. Io sto con Arianna.
    Devo sperare che Enrico venga a saperlo...?! Gr.

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  2. noooo Ericaaaaaa ahahahahahahahha

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  3. Leggi le maiillll e vieni da me che c'è un premio epr te!

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  4. Eccolo, ma pure te Robi adesso fai sembrare anche questo tenebroso il principe azzurro dalle mille doti nascoste...altro che fiction, qua ci tiri su una serie televisiva a più stagioni! ;)))

    xoxo
    Alessandro - The Fashion Commentator

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  5. Io ve l' avevo detto di dargli fiducia. Avrà avuto i suoi buoni motivi per essersi comportato in un certo modo.... :D

    Grazie mille per i vostri commenti!
    Robi

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  6. dai robiiii voglio sapere il motivo! a me questo Davide piace! più di Enrico... e il bel tenebroso che in ogni storia ci piace! per lo meno a me! Comunque ti volevo fare i complimenti! una bella storia, bei personaggi e mi dispiace che abbia poco pubblico! e poi sei troppo simpatica, ogni tuo articolo mi fa morire dalle risate! continua così e facci finire davide con filippa ahahah scherzo ;)

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  7. Erica GRAZIE mille per i complimenti e benvenuta nella piccola cerchia di 45GAV! :D

    Io credo che, quando arriveremo all' ultimo capitolo (che è stato finito prima del primo, vedi tu)...... No, ok... non dico nulla...

    Robi!

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  8. ROBIIIIII! SCRIVIIIIIIIIIII!!! :D

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