martedì 29 novembre 2011

45 giorni a Vogue #Chapter 16



"Il declino della mia famiglia è cominciato con l' ingresso nelle nostre vite di Vogue. E, bada bene, che lo intendo come una vera e propria persona e non solo un lavoro. Quel giornale è stato per Anita, inizialmente, una distrazione; poi è diventato un amante assiduo fino a che non si è insinuato nella sua testa e nel suo cuore diventando l' unico uomo che lei possa amare. Quando lei ottenne il lavoro a Vogue io avevo dodici anni, Enrico nove. Mio padre era contento di vedere Anita così interessata a qualcosa, tornava a casa entusiasta. Stare a Vogue, anche se il suo compito era quello di etichettare borsette e vestiti, la faceva sentire viva. Anita è una che sa quello che fa e vent' anni fa la concorrenza non era la stessa di adesso.
La notarono subito e nel giro di un anno si occupava interamente da sola della redazione moda del giornale. Nessuno la contraddiva, si fidavano di lei e i cambiamenti che ha portato al giornale sono stati una ventata d' aria fresca. Le vendite salivano e ad Anita piaceva sentirsi importante. Il suo stacanovismo la portava spesso a non esserci: una c' era volta il vernisage, un' altra volta la presentazione di una collezione e poi di un' altra. A casa non c' era mai, saltava i colloqui con i professori, le cene in famiglia e addirittura i compleanni. E non c' era mai nel letto, con mio padre. Lui non si accorse subito di essere stato sostituito: Vogue aveva preso il suo posto nel cuore di Anita che diventava di ghiaccio ogni giorno di più. Mio padre iniziò a viaggiare con più frequenza: odiava tornare a casa e vedere il posto di Anita vuoto e nel frattempo io ed Enrico crescevamo in un clima di astio crescente e costante. Durante un viaggio in America mio padre conosce Ina. E' stata una boccata d' aria fresca in mezzo al deserto. Non lo condanno: la colpa dello sfascio è di Anita, non c'è dubbio. Non le perdonerò mai di non essere stata in grado di dividere le attenzioni; di scegliere meglio le sue priorità. Dopo aver conosciuto Ina, mio padre cominciò a viaggiare sempre di più: ogni scusa era buona per scappare da lei; per scappare via dal robot che era diventato la donna che aveva amato più della sua stessa vita. Una donna attenta si sarebbe resa conto immediatamente che suo marito chiedeva disperatamente attenzioni. Se a mia madre fosse interessato un minimo di salvare la nostra famiglia a quest' ora non ci troveremmo in questa situazione: mio padre chiedeva solo un segno, un misero stupido gesto che gli dimostrasse che lei era ancora la donna che aveva sposato. Ma a lei la famiglia non interessava più: l' ascesa a Vogue era diventata un' ossessione. Quando mio padre chiese il divorzio lei non batté ciglio. Se devo essere onesto mi sembrò quasi sollevata del fatto che non dovesse più fingere che gliene importasse qualcosa. Con le firme dei miei genitori su quei fogli di carta sono iniziati anche i problemi tra me ed Enrico. Lui non si rendeva conto che era tutta colpa di Anita: imputava a mio padre la fine del loro matrimonio. Secondo la sua ottica di bambino mio padre aveva tradito mia madre mandando a puttane tutto quello che avevano costruito, compresi i suoi figli. Era lui che ci aveva abbandonato per trasferirsi inizialmente in Inghilterra e poi in America con Ina. Filippa, ti sto annoiando?" 
La domanda di Davide mi riporta alla realtà. Sono completamente rapita dal racconto. Un pensiero si insinua nella mia testa: perché Enrico non ha mai sentito la necessità di raccontarmi questa storia?
"No, assolutamente. Continua, ti prego" lo rassicuro. 
Sospira pesantemente e mi regala un sorriso amaro. Le piccole rughe attorno agli occhi si accendono di una nuova luce appesantendo il viso di Davide. Si versa ancora un po' di vino nel bicchiere e si concede un lungo sorso prima di riprendere il racconto. Intorno a noi il locale è vuoto. Non mi preoccupo di sapere che ora si sia fatta. 
"Quando mio padre si trasferì definitivamente a Boston io avevo quindici anni. Tra me ed Anita era guerra aperta e più io mi mettevo contro di lei più Enrico la difendeva. Si è aggrappato a lei con le unghie: era l' unica che gli era rimasta. Aveva undici anni e non capiva ancora che mostro era mia madre. Quell' anno venni sospeso due volte e alla fine dell' anno bocciato a scuola. Fui fermato per possesso di stupefacenti: avevo un paio di grammi d' erba in tasca e mi feci beccare volontariamente. Facevo di tutto per attirare l' attenzione di mio padre: desideravo che tornasse, che facesse ragionare Anita, che la convincesse a lasciare il lavoro. Avevo pensato di dare fuoco alla redazione, figurati come stavo messo"
Gli concedo un sorriso. Dev' essere stato un inferno quel periodo. Poveri ragazzi. 
"Anita la soluzione l' ha trovata presto. Una sera, sfinita da una settimana di lavoro e dalle mie continue marachelle, mi ha fatto trovare tutte le mie cose impacchettate. 'Te ne vai da tuo padre!' disse semplicemente. Dicono che, talvolta, bisogna fare qualcosa di imperdonabile per ricominciare a vivere e per me è stato così. Sono arrivato a Boston che avevo sedici anni. Avevo perso due anni di scuola in Italia e in America, a quell' età, dovevo essere già diplomato. Ina e mio padre cercarono la migliore scuola privata degli Stati Uniti, mi presero professori privati di inglese e mi aiutarono ad ambientarmi. La scuola era a New York e di certo non potevo viaggiare da Boston ogni giorno. Ina scoprì di essere incinta poche settimane dopo il mio arrivo, urgeva avere un piano per la nuova famiglia che si stava formando. Ina lavorava come broker per un' azienda svedese con sede a Boston quando conobbe mio padre; dopo il matrimonio andò a lavorare nella compagnia di cui mio padre è AD. Quando scoprì di essere incinta aveva trentasei anni e non avrebbe potuto fare sia la madre che continuare a lavorare: per mio padre era fuori discussione; ci era già cascato una volta con Anita e non voleva rovinare la vita di un' altra creatura. Ina prese in mano la situazione e, per amor mio, ci trasferimmo tutti a New York. La scuola che dovevo frequentare io era li e Ina disse che era fuori discussione mandare un adolescente spaesato in una città grande come quella. E' stato il gesto più materno che io abbia mai ricevuto, peccato solo che non venisse da quella che mi aveva partorito, com' era giusto. I miei anni a New York sono stati i migliori della mia vita: con Ina, mio padre e il piccolo Jacopo. Dopo due anni arrivò Carlo, il secondo figlio di mio padre e sua moglie. Ina non ha mai fatto differenze tra me e suoi figli: ci sgridava e ci premiava in egual modo quando lo meritavamo. Finalmente avevo la famiglia che avevo sempre desiderato. E, sopratutto, non ci ha mai fatto pesare -in primis a me- la decisione di lasciare il lavoro e Boston. Aveva messo la sua famiglia al primo posto: le sono immensamente grato per quello che ha fatto. Nel frattempo Enrico cresceva. Anita, dopo la mia partenza, credo si sia resa conto che se avesse fatto scappare anche Enrico sarebbe rimasta completamente sola. Così Enrico cominciò a frequentare Vogue trascinato da lei, e ad appassionarsi alla fotografia. Dopo aver finito il liceo scappò a Londra: aveva inteso che se voleva farcela con le sue gambe doveva allontanarsi dall' ombra di Anita. Io, nel fratempo mi laureavo in economia all' università della California. Ho vissuto dieci anni in America e ho visto mia madre cinque o sei volte in tutto. Mio fratello veniva a trovarci d' estate e rimaneva qualche settimana: lui non sopportava Ina, non so di cosa la incolpasse di preciso. Non so se si sia mai pentito della decisione di rimanere con Anita in Italia. Quando veniva, sono certo, si rendesse conto che tra di noi ero io quello fortunato. Gli ho ripetuto fino allo sfinimento che papà non aveva fatto nulla di male. Gli dicevo 'vedi? Papà qui ha una famiglia, non rovina nulla lui; è Anita che è un mostro'. Più mi accanivo con mia madre più Enrico la difendeva. Era accecato da quella donna. In un certo senso è stata colpa sua anche la rottura tra me ed Enrico". 
Un tono di rabbia si avverte nella voce di Davide quando parla del comportamento di Enrico. Dopo tanti anni, ancora non riesce a concepire come il fratello sia voluto rimanere con Anita. 
"Era un bambino. Cosa volevi che facesse? Che scappasse dall' altra parte del mondo?" chiedo. 
"No. Ma, diavolo Filippa, mia madre era un mostro" 
"Nessuna madre è un mostro agli occhi del proprio figlio" 
"La verità è che Anita ha scelto lui e ha deciso di mostrargli il suo lato migliore"
"Allora ne ha uno?" chiedo per stuzzicarlo. 
"Mio padre si è innamorato di una donna diversa. L' ha sempre detto" scherza. 
Un ticchettio del mio cellulare mi avverte che é arrivato un sms. Prendo la borsa e cerco il cellulare. Possibile che ogni volta sia una caccia al tesoro trovare qualcosa? Inizio ad uscire le cose dalla borsa e le poggio alla rinfusa sul tavolo. Davide mi fissa divertito. 
"Dio quanto sei buffa" dice ridendo "ma che ci tieni in quella borsa, Mary?"
Alzo lo sguardo e sgrano gli occhi. "Mary?" chiedo. 
"Mary Poppins. Non hai mai visto quel film? Io ho avuto un' adolescenza travagliata ma tu, di sicuro, un ' infanzia triste" sghignazza. 
"Ho visto Mary Poppins, scemo!"
Finalmente trovo il Blackberry e leggo il messaggio. E' di Enrico. 

"Sono stanco morto. E' stata una serata strana: ero in una stanza piena di gente e sentivo che mancava l' unica che avrebbe potuto riempire il posto vuoto accanto a me. Non lasciarmi più solo. Buona notte, E."

Va già a letto? Ma che ore sono? Controllo l' orologio e mi rendo conto che sono da poco passate le due. 
"Hai visto che ore sono?" chiedo a Davide. Lui fissa l' orologio che ha al polso e sorride. 
"Ti avevo detto che avremmo fatto tardi. Sarà meglio che andiamo, stiamo monopolizzando Luciana che deve tenere aperto solo per noi!" 
La buffa donna che ci ha accolto calorosamente ci saluta. E' stanca dopo una lunga giornata e credo sia sollevata dal fatto che ci siamo finalmente tolti dalle scatole. 
"Torna presto a trovarmi, bel ragazzo" dice a Davide stampadogli due grossi baci sulle guancie. 
"Luciana tornerò prima che tu possa sentire la mia mancanza!" 
"Che marinaio che sei. Alle tue promesse non ci credo più. Non ti fidare troppo di questo bel giovane: sono gli occhi verdi che ti fregano. Mia nonna diceva sempre che gli occhi verdi sono lo specchio del diavolo!" mi dice sghignazzando. Mi bacia le guancie e si allontana. 
Davide mi aiuta ad infilare il cappotto e affrontiamo la fredda notte svizzera. 
Quando siamo, di nuovo al riparo dal freddo, in macchina Davide chiede "che vuoi fare ora?" 
"Credo sia meglio rientrare a Milano" affermo. Non c'è convinzione nella mia voce. Sarei rimasta ad ascoltare ancora per ore i racconti del passato di Davide ed Enrico. Sembra anche assurdo che siano fratelli: sono tesi ed antitesi di una stessa famiglia. 
"Come desidera signorina" dice. Sembra deluso dalla mia risposta. 
"Magari ci fermiamo in un bar vicino l' aeroporto di Malpensa: fa la migliore cioccolata calda del mondo ed è aperto tutta la notte!" propongo. 
"Mi sembra l' idea migliore che tu potessi avere. Ma tu mangi cioccolato?" chiede. 
"Che stupido" gli dico intuendo dove volesse andare a parare. E' convinzione comune che a Vogue si possano tranquillamente svolgere lezioni di anatomia tanto siano ridotte pelle e ossa le persone che ci lavorano. E' vero che si sta attenti a quello che si mangia e che molte persone il cioccolato non ricordino più che sapore abbia ma è anche vero che quelli che lavorano a Vogue sono giornalisti, editor, truccatori, fotografi e non modelli. 
"Sto cercando di ricordare Anita che mangia un cioccolatino ma credo di non aver mai assistito a questa scena!" comunica Davide. 
"Perché la chiami Anita?" chiedo di getto. Forse sono stata un po' indelicata ma, del resto, nonna Eleonora lo diceva sempre "Filippa, tesoro di nonna, tu in un negozio di cristalli di Praga faresti più danni da sola di un' intera mandria di tori imbizzarriti!". 
"Perché è così che si chiama!" risponde come se fosse ovvio. 
"E Ina? E' lei che per te si chiama mamma?" 
"Si e no. E' difficile da spiegare. Oggi con mia madre, quella vera, ho un rapporto equilibrato. La chiamo per le feste e se sono a Milano passo a salutarla. Ma la tranquillità tra di noi è arrivata con la maturità. Ho passato gran parte della mia vita ad odiarla, ad incolparla di aver buttato al vento la serenità dei suoi figli per inseguire il suo sogno di gloria. Non l' ho mai vista come una mamma, di quelle tradizionali, che cucinano per i tuoi amici quando torni da scuola o che ti vengono a vedere la domenica pomeriggio alla partita di calcetto. Ina ha preso il suo posto in questo. Con il senno di poi forse avrei dovuto essere più indulgente, non tanto con Anita quanto con Enrico. Ci sono solo tre anni di differenza tra di noi e in questa lotta sarebbe dovuto essere il mio miglior alleato" 
"Non è tardi per recuperare. Enrico sembra sereno, ponderato ed equilibrato ma ho visto come scatta quando ci sei tu nei paraggi. Evidentemente non è indifferente a te"
"Non lo so Filippa. Abbiamo sfruttato ogni occasione che avevamo per ferirci. Più c' era indifferenza tra mio padre e Anita più noi ci scannavamo. Era come se fossimo noi a dover scontare tutte le parole d' odio non dette dei nostri genitori. Gli ho fatto e detto cose di cui mi sono pentito ma non ho mai chiesto scusa. Non c'è uno dei due nel torto e l' altro nel giusto: ci troviamo esattamente a metà strada tra l' odio e la ragione. Sono più di vent' anni che va avanti così. A questo punto non sono più certo nemmeno di volere che le cose cambino. Sono tornato a Milano dopo due anni che non mettevo piede nemmeno in Italia e chi trovo? Mio fratello che sta con la sorella della ragazza che mi ha riportato qui. Se non è sfiga questa..." 
"E se invece non si trattasse di sfiga? Se il destino vi stesse volendo dire che è il momento di mettere da parte quest' odio ingiustificato?" chiedo. Credo veramente che loro possano appianare le loro divergenze. Sono forse troppo ingenua?
"Dopo stasera credo che non si possa risolvere più nulla" dice sovrapensiero. 
"Che vuoi dire?" chiedo. Non afferrò il suo pensiero.
"Voglio essere onesto, Filippa, con te. Inizialmente mi sono comportato come lo stronzo che comunemente sono perché mi infastidiva vedere Enrico così preso da una ragazza. Ero incollerito. Mi chiedevo come Enrico, che aveva visto come Anita avesse distrutto la nostra famiglia, si potesse innamorare di un' altra che lavora a Vogue. Mi chiedevo dove trovasse la forza di credere ancora nell' amore. E mi scuso, per prima, con te di questo. L' altra sera alla festa sono stato un vero bastardo" la sua voce è sincera. Gli passo la mano sull' avambraccio teso sulla manopola del cambio. Lui accenna un sorriso senza staccare gli occhi dalla strada. 
"Tutto è bene quel che finisce bene" sospiro. 
"Ma dopo stasera capisco perché Enrico abbia scelto te, nonostante tutto. Emani una tranquillità quasi innaturale. Sei pacata e ben piantata per terra. In un certo senso adesso so perché Enrico abbia accettato il fatto che non tutte le donne siano anaffettive come Anita. Come mio padre fece vent' anni fa con Ina" 
"Basta solo incontrare quella giusta" concordo. 
"Già basta solo incontrarla. E... Sperare che sia libera!" sorride. 

Attraversiamo una Milano spenta e addormentata. Sono le quattro e mezza di una fredda mattina di fine novembre. Iniziano a comparire i primi addobbi natalizi ai balconi e nelle vetrine chiuse dei negozi ma siamo ancora lontani dalla magia del Natale. 
"Ho passato una splendida serata" dice Davide quando accosta di fronte il portone del mio palazzo. 
"Sono sta bene anche io. Grazie per avermi raccontato della tua famiglia" 
"Grazie per aver ascoltato" risponde lui. 
"Sembra una di quelle riunioni dove vanno i miei genitori in cui si ringraziano più e più volte a vicenda". Gli sorrido. 
Davide scende dalla macchina e mi apre lo sportello. 
"Spero di rivederti la prossima volta che vengo a Milano" 
"Io spero che tu ed Enrico possiate chiarire".
Davide sospira teatralmente: evidentemente non vede un armistizio di pace nel suo futuro prossimo. "Buona notte Filippa, a presto" dice. Mi bacia sulla guancia a pochissimi centrimentri dall' angolo della bocca. Pochi, pochissimi centimetri. Non riesco a ad afferrare i pensieri che mi girano in testa e le sensazioni che quel tocco mi provoca. 
Davide mi liscia due dita sulla guancia e si allontana di spalle verso la macchina. Resto immobile qualche secondo a fissare l' auto che si allontana. I fari rossi che si accendono quando si ferma al semaforo di piazzale Amendola e che si spengono appena riparte. 

Continua... 

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45 giorni a Vogue by Robi Landia is licensed under a Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia License.
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14 commenti:

  1. Sono in silenzio stampa.
    Tu scrivi però che non posso trattenermi a lungo! :D

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  2. Oh no Claudia... Non mantenere il silenzio che non è salutare tenersi tutto dentro! Sfoga pure i tuoi istinti! ;)
    Robi

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  3. Anche io ero completamente rapita dal racconto!! :D Davide inizia a piacermi molto di più!!
    (per il mio giveaway devi semplicemente mettere un link nella barra laterale con la foto, o farci un post, fa parte delle regole, altrimenti non è valido, scusa!! :S )

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  4. Noo Luciaa nooo! ahahah non farti rapire da Davide! ;D

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  5. Claudia,qui tutte cadono nella trappola di Davide...bisogna fare qualcosa :D

    Aspettavo con ansia il capitolo!! :)

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  6. non ho ancora deciso.... aspetto i prossimi post!!! ahahahhaha :D

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  7. Davide è troppo bello & dannato, ma io tifo 4ever per Enrico, alta vita ai fotografi.. Eheh.. Senti ma.. Vabbè che sarà pure figlio della Lozzani ma visti i rapporti come diavolo ha saputo del colloquio di Filippa con vogue america.. ???

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  8. @FL E se fosse Davide a volere Filippa lontana da Milano? Chi può dirlo che passa per la testa di quel ragazzo... In fondo Enrico si è innamorato di lei nonostante sua madre... :D

    Non vi dico nulla...

    Robi

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  9. AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH.
    Che nerviiii daii ROBII!!

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  10. Ehi, cosí non vale!!!!!! Dai eh?! Già sono in fermento di mio per leggere il seguito.. Se poi tu lanci queste frasette a metá.. Io mi faccio delle storie infinite!!!!

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  11. Brava Sascha, quel poverino era troppo bistrattato! I fan di Davide aumentano! :D

    Ragazze abbiate fede, Filippa è una persona onesta!

    Robi

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  12. perchè non inserire un personaggio nuovo??? l'amore di Davide??? Filippa non tradirebbe Enrico e se lo lasciasse nonostante tifi al 100% Davide mi dispiacerebbe... sembra un bravo ragazzo, sono tutti e 2 bravi ragazzi fondamentalmente!

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  13. Davide mi sta sulle palle e Enrico non mi convince del tutto... Filippa... VAI IN AMERICA!

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