martedì 15 maggio 2012

45 giorni a Vogue #Chapter 34



‘Non sono andato via perché volevo. Non ho chiamato Enrico per un amore fraterno magicamente rinato’ dice Davide. 
E’ di spalle. L’ acqua gli bagna il corpo a metà. Le braccia possenti si tengono al bordo della piscina e ne disegnano il profilo. Le dita, lunghe ed affusolate, leggere come quelle di un pianista, tamburellano nervosamente sulla pietra lucida. Il sole del crepuscolo gli schiarisce i capelli e sfuma i suoi contorni.
‘E allora perché?’ gli chiedo. 
E’ la prima volta che ci troviamo completamente soli da quando è successo. Enrico ha deciso di sfruttare gli ultimi momenti di luce di questa giornata per fotografare una scogliera non lontana da qui, mentre il sole abbandona il cielo.
‘E’ importante?’ domanda di rimando. 
Non sa che è maleducazione rispondere ad una domanda con un’ altra domanda. Mi innervosisco. 
‘No. Non lo è. A quanto pare nulla lo è per te’ gli rispondo piccata. 
Si muove lentamente dentro l’ acqua. Entra la testa. Si scrolla i pensieri di dosso poi esce, riemerge rabbioso da quello specchio d’ acqua ingannevolmente azzurra. Esce dalla piscina e mi viene incontro. Tutti i muscoli del mio corpo si irrigidiscono, in allerta. Alcune gocce d’ acqua mi arrivano addosso. Brividi di freddo e d’ ansia, misti in un intreccio quasi doloroso, mi attanagliano lo stomaco. L' effetto che mi fa è irragionevole: è come se fosse la copia intrigante di Enrico. Ogni fibra del suo corpo, così pieno di se, vibra e rilascia passione. Con lui è inevitabile mettere tutto in discussione; persino quelle cose che hanno sempre rappresentato per me dei punti saldi.
‘Cosa diavolo volevi che facessi, Filippa? Non credo che tu sia stupida anche se, a questo punto, vorrei che fosse così. Non puoi davvero parlare in questo modo, non puoi pretendere che io resti a guardarti in disparte e ad essere sempre pronto quando hai bisogno di sentirti viva’ mi grida Davide. 
‘Ma di cosa stai parlando?’ 
‘Ti voglio Filippa. Ti voglio da quando ti ho incontrato la prima fottutissima volta. Ti voglio come non ho mai voluto nessuno in questa cazzo di esistenza. E più mi allontano da te, più tu ti avvicini. Enrico è tornato da te, piangevi perché volevi che ti perdonasse. Hai avuto quello che volevi, no? E allora che bisogno c' era di venirmelo a sbandierare in faccia?’ 
Il suo volto è a pochi centimetri dal mio. Le sue braccia tese sono un fascio di nervi e muscoli tesi. Le mani sono ancorate come tentacoli ai braccioli della sdraio di alluminio ultraleggero sulla quale sono stesa, immobile. Le gocce d’ acqua che gli cadono dal corpo sono bollenti quando battono sulla mia pelle. 
‘Vuoi farmi impazzire? E’ questo il tuo scopo? E’ per questo che l’ hai trascinato a Gibilterra, Filippa?’ continua a gridare Davide. 
Inspiro. Espiro. Butto fuori l’ aria dai polmoni. Prendo fiato e coraggio. 
‘Vorresti fosse così’ lo sfido. 
Le sue braccia perdono un po’ di quella forza. E' evidente che si aspettava un' altra risposta.
‘Vorrei’ ammette senza troppi giri di parole. Si alza e si mette a sedere sulla sdraio accanto alla mia. Si porta i capelli bagnati indietro con entrambe le mani. I muscoli del ventre e del petto si tirano, assecondano i movimenti delle braccia e poi si rilassano nuovamente. 
‘Sai quante volte ho immaginato di averti qui, a Gibilterra? Quante volte, nella mia testa, ho disegnato la fantasia di noi due che fissiamo l’ Atlantico, nelle sere d’ estate quando il caldo africano lascia il posto alla fresca brezza marina? Quando sono tornato qui, dopo le feste di Natale, la tua mancanza mi faceva male. Un male fisico che non avevo mai sperimentato prima. Ad un tratto questa casa, che per me è sempre stato un rifugio sicuro, mi sembrava vuota; troppo grande per viverci da solo’ 
‘Davide troverai qualcuno che possa riempire questo vuoto’ gli dico. 
‘E’ questo il punto: io non voglio nessun altro. Me ne sono andato perché era la cosa giusta per te. Non per mio fratello né per me né per mia madre. Me ne sono andato per te’
‘Davide… io non credevo… l’ ho fatto perché…’ biascico senza sapere realmente cosa dire. 
‘Non importa cosa credevi. E’ la cosa giusta; voi siete la cosa giusta. Tu hai bisogno di qualcuno che sia li quando piangi o che ti ricordi che persona meravigliosa sei quando il mondo vuole dimostrarti il contrario. Hai bisogno di qualcuno che entri nella tua vita senza spostare nulla. Enrico è quello che, tra i due, può stare con la giovane copia di Anita. Io sarei dannoso come un terremoto, sconvolgerei la tua vita come uno tsunami'
'Davide devi renderti conto che questo è soltanto un altro capriccio; un altro modo per ricordare la tua rivalsa su Enrico' accenno non appena sento il nome di sua madre.
'Che diavolo stai dicendo?' chiede stranito. Si mette a sedere sulla sdraio, perpendicolarmente a me. Mi alzo e mi siedo di fronte a lui. Lo fisso negli occhi sperando di potergli trasmettere tutta la sincerità dei miei sentimenti per suo fratello. 
'Sto dicendo che tu non mi vuoi veramente. Come non volevi Anita nella tua vita. Hai deciso tu di andare via, vent' anni fa. Non sopporti l' idea che tuo fratello sia felice, che sia riuscito a crearsi profilo stabile nonostante non sia scappato con te quando ne ha avuto l' occasione. I rimorsi, le domande e i dubbi sul come sarebbe stato se fossi rimasto anche tu ti stanno divorando. E' questa l' unica spiegazione alla tua distanza, alla tua indifferenza' 
'Che mucchio di fandonie, Filippa!' 
'Davide tu vuoi solo aver ragione; vuoi dimostrare a tuo fratello che la sua è una felicità fallacea. Sei talmente pieno di rancore nei confronti di Anita che faresti di tutto per distruggere quel che di buono ha costruito. Enrico, Vogue...' lascio cadere il discorso ricordando cosa ho scoperto poche settimane fa a proposito del mio colloquio con la redazione americana del giornale. Era stato lui a suggerire il mio nome e a far presente i miei lavori ad una sua conoscenza.
'Che c' entra Vogue?' chiede. La sua voce si è abbassata di un' ottava. Ha capito che so.
'So come ho ottenuto il colloquio a Vogue America, so della tua amichetta ai piani alti' gli dico inviperita. 
'Era un' ottima opportunità' 
'Era solo una scusa per allontanarmi da Milano. Che cosa avrebbe pensato Enrico, se l' avesse scoperto?'
'Sei una sciocca, Filippa. Non puoi permettere davvero che la tua vita venga condizionata da un sentimento tanto stupido' dice sprezzante. Il tuo tono è duro; il suo intendo chiaro: vuole solo ferirmi. 
'Ma come diavolo ti permetti a sminuire così la mia relazione? Chi ti credi di essere?' Mi alzo in piedi incollerita e gli riverso il un fiume di rabbia in faccia. Da un punto non definito, in mezzo alle pieghe del mio telo da mare, proviene il suono del mio cellulare. Lo ignoro. 
Sento le guance prendermi fuoco. Il cellulare smette di suonare. 
'Sei incapace di provare qualsiasi sentimento che non comporti odio e rancore. Vivi in una casa enorme nel bel mezzo del nulla, lontano da qualsiasi contatto umano. Sei arido. Ti sei messo in testa che vuoi me solo perché sono la donna di tuo fratello. Di quel fratello che credi sia la causa del brutto rapporto che hai con tua madre. Cresci Davide!' 
Una lacrima mi riga il volto. Non volevo piangere ma mi capita sempre quando la collera mi sale al cervello. Non permetto a nessuno di sminuire quello che sto vivendo con Enrico. A nessuno. Quel maledetto cellulare continua a suonare. Chiunque sia, dovrà aspettare: non sono nella condizione di parlare con nessuno. 
'E' questo che pensi?' mi chiede Davide. I suoi occhi verdi sono inniettati di sangue. 
Lo fisso dritto negli occhi. Non riesco a definire i contorni del suo viso a causa delle lacrime.
Il sole, dietro di lui, sta calando, perdendosi tra le montagne.  
'Davide devi darmi tregua. Credevo fosse una buona idea venire qui; pensavo davvero che il fatto che avessi chiamato Enrico fosse un segnale positivo. Ero certa di poterti riportare nella sua vita. Io so che gli manchi e so bene che gli ha fatto piacere che tu l' abbia chiamato. Enrico è una persona buona, onesta: non si merita questo. I tuoi attacchi nei miei confronti sono subdoli'
Il mio cellulare trilla ancora, che diavolo sarà mai successo. 
La mano di Davide si poggia sulla mia schiena nuda. La mia pelle prende fuoco al suo tocco. Percepisco l' elettricità tra di noi ma sento dentro di me solo la rabbia che mi monta dentro. 
Si può essere eccitati ed arrabbiati insieme? Si può desiderare di vedere una persona bruciare all' inferno e, allo stesso tempo, voler bruciare con lui di passione? 
'Io so che senti anche tu qualcosa' mi sussurra sull' incavo del collo. 
Mi avvicina a lui. I nostri corpi si toccano. La mia pelle nuda sulla sua. Profuma di buono: di domeniche al mare, di fiori di mandorlo e di cielo azzurro. 
Il mio cellulare suona di nuovo. La magia tra di noi si spegne. Mi allontano da lui e prendo quel maledetto cellulare; il nome di Lara Ferrandi lampeggia minaccioso.
'Lara che diavolo vuoi? Sapevi che non volevo essere di sturbata!' tuono. 
'Ah beh, se disturbo allora richiamo domani, quando il book del prossimo numero di Vogue verrà mandato in stampa con le pagine centrali bianche' dice con la sua odiosa vocina leziosa che gronda zucchero e miele ad ogni parola. 
Sento il cuore che si ferma. Il mio cervello analizza le informazioni che mi ha appena dato Lara. Smetto di respirare. 
'Cosa?' riesco solo a chiedere. Prego Dio di non aver capito bene. 
'Le pagine centrali, quelle del servizio da sedici pagine con gli abiti di Couture di Elie Saab, Valentino, Alxender McQueen che hai scelto tu, sono sparite. Le foto non si trovano da nessuna parte. Il prossimo numero di Vogue avrà le sedici pagine centrali bianche se non fai qualcosa e la fai ora!' 
'Ma come diavolo è potuto succedere? Ho controllato personalmente che le foto venissero inserite nella versione finale del book; Anita ha approvato tutto prima che io partissi' Ricostruisco mentalmente il percorso di queste fotografie. Il servizio è stato scattato in Austria, al castello di Innsbruck, quattro settimane fa. Io sono arrivata la mattina a Vienna e ho scelto personalmente gli abiti: un favoloso trionfo di tulle tortora di Valentino, una cascata di minuscole pagliuzze dorate Elie Saab, ghirigori rosa e argento per Alexander McQueen, seta e organza giallo paglierino per Versace... Ricordo perfettamente ogni abito; ogni modella; ogni singolo paio di scarpe, tutte di Sergio Rossi. Sono ripartita la sera stessa per Milano; due giorni dopo i provini delle fotografie erano già sulla mia scrivania. Centoquattordici fotografie, ne dovevo scegliere diciotto: in due pagine avremmo messo una fotografia doppia. Le ho guardate attentamente per tre giorni, ho quasi perso la vista fissando quelle immagini, fino a che ne ho scelte diciotto. Le ho portate ad Anita che ha avuto da ridire solo su una: l' abbiamo sostituita immediatamente. Il file con le foto è rimasto sul mio computer fino a che non il reparto di grafica non me l' ha chiesto per inserirlo nel book. Ho visto quelle maledette foto nella versione finale, quella pronta per la stampa. 
'Come diavolo è potuto succedere? Sono più che certa che le foto c' erano prima che partissi!' le dico cercando di rimanere lucida. Una lingua di panico si sta insinuando tra le mie budella. 
'Non lo so' canticchia quella vipera dai capelli di platino. 
'Beh, vedi di scoprirlo prima che io torni in ufficio. Ci vediamo in redazione tra un paio d' ore' 
Il mio tono è tutt' altro che amichevole e, di sicuro, non è educato. 
Davide mi fissa. Ha ascoltato quello che dicevo a Lara. 
'Vai via?' chiede. 
'Devo tornare immediatamente a Milano, è successo un casino' dico senza pensare. Cerco di riordinare le idee e di non farmi prendere dal panico. Non è facile. Non ci sto riuscendo. Credo mi venga da vomitare. 
'Mi serve un volo. Devo fare le valigie, dove diavolo è Enrico?' chiedo. A chi di preciso?
'Filippa, calmati!' mi intima Davide venendomi dietro, mentre percorro il perimetro della piscina. 
'Calmarmi? E' successa una catastrofe? Tua madre morirà d' infarto per colpa mia!' 
'Non l' ho uccisa io in trentacinque anni, vedrai che sopravvivrà a te!' scherza Davide. 
'Hai l' innata capacità di aprir bocca e dire cose inopportune. Le sedici pagine centrali del prossimo numero di Vogue saranno bianche. Bianche. Non ci sarà stampato nulla. Il giornale di moda per eccellenza senza il sevizio di moda di punta. Credo che questo basti per stecchirla!' 
'Ma come è successo? So per certo che nessuno tocca più il book dopo che Anita ha dato la sua approvazione. Viene mandato direttamente alla stampa per la distribuzione!' 
'Esattamente. Tua madre ha approvato la versione finale del giornale la settimana scorsa. Il book è rimasto in redazione, nelle mani di Jerome, per due giorni ancora, dato che tua madre aveva un' importante meeting a Nairobi. Nessuno poteva avvicinarvi' 
'Non avete una copia digitale delle fotografie? Siamo nel 2012, Cristo Santo, a momenti anche l' aria che respiriamo sarà digitale!' esclama. 
'Io personalmente non ce l'ho. Non più, almeno. Ho visionato le foto subito dopo il servizio, ho scelto quelle che dovevano andare in stampa e le ho consegnate a...' mi blocco. Un pensiero mi attraversa la mente. Quella maledetta stronza.


E' sabato sera. I localini che si snodano da piazza Cadorna fino al centro sono pieni di gente. Ci abbiamo messo una vita ad arrivare dall' aeroporto di Malpensa. Indosso ancora il costume che avevo stamattina sotto i jeans: non ho avuto il tempo di cambiarmi. Mi sono infilata la prima cosa che ho trovato e sono partita alla volta di Milano. Insieme ad Enrico. E Davide. Si, anche Davide. Un loro amico di infanzia, che ha frequentato le scuole elementari insieme a Davide, è diventato un pezzo grosso nel campo dell' informatica e sostiene di poter risolvere il mio problema. 
'Sei abbronzata' mi dice con fare malizioso Lara quando mi vede uscire dall' ascensore. La redazione è completamente vuota ad eccezione di me, Enrico e Davide, Lara e un addetto alla stampa che aspetta la versione finale del book. Nessun computer acceso manda luce bluastra nel grigiore della sera. Nessun telefono squilla all' impazzata. Nessuna modella che gira mezza nuda in cerca dell' abito che deve indossare per questo o quel servizio. Aleggia una calma innaturale, quasi spettrale. Non avevo mai pensato a questo posto come ad un posto... tranquillo. 
Lara indossa un dolcevita nero ed un paio di jeans grigi chiazzati. Ha i capelli biondo platino raccolti in uno chignon perfetto. Sembra Eva Kant. La scruto per qualche istante cercando chissà quale prova della sua colpevolezza. Possibile che sia talmente assetata di potere da arrivare a mettere a repentaglio il giornale pur di farmi fuori?
'Signorina Torre, io ho bisogno di quelle foto entro un' ora al massimo o il giornale mercoledì non sarà in edicola' mi dice il ragazzo con i capelli pettinati all' indietro che deve portare il book in tipografia. 
'Faremo il possibile. Se il giornale mercoledì non esce saranno molte le teste a cadere, la mia per prima' gli dico. Lara sghignazza. 
'Roni dovrebbe essere qui a momenti' dice Davide armeggiando con il suo cellulare. 
'Sto affidando la mia carriera ad uno che si fa chiamare Roni?' sbeffeggio. 
'Quando Roni ti salverà il culo, signorina, avrai poco da essere spiritosa' mi ammonisce Davide. 
'Vedremo' gli rispondo in tono di sfida. 
Enrico assiste alla scenetta in silenzio. Non ha detto una parola dal momento in cui abbiamo lasciato la casa del fratello. Non ci ho fatto caso prima, presa com' ero da quello che sta succedendo. Indossa una maglietta bianca e grigia che gli lascia scoperte le braccia toniche e dorate dal sole. Ha il maglione legato al collo. 
Il telefono sulla mia scrivania squilla. Dalla reception ci avvertono che Roni e il suo staff sono arrivati. Li prego di scortarli fino all' undicesimo piano. 
Quando le porte dell' ascensore scorrono, scomparendo dentro il muro, e intravedo Roni mi parte l' embolo. 
'Dimmi che Roni non è lui' sussurro ad Enrico. 
'Non lasciarti ingannare dalle apparenze' lo difende lui. Ma che hanno tutti? Che diavolo avrà fatto mai questo nerd vestito di verde e fucsia per meritarsi tutto questo rispetto?
'Ronald Murrier Degli Arcangeli' si presenta tendendomi la mano smilza 'devi essere tu l' incantevole donzella che necessita dei miei servigi per essere tratta in salvo da una fine certa e dolorosa' 
Ma che diavolo... Che lingua parla?
Un ragazzo alto due metri (non sto esagerando) e largo trenta centimetri (non esagero nemmeno adesso) mi porge la mano. Il braccio ossuto è ornato da una quantità di braccialetti di corda colorati indicibile; gli arrivano fino a metà dell' avanbraccio. Indossa un maglione della collezione passata di Etro dai motivi accesi e contorni nei torni del fucsia e dell' arancio raggomitolato sui gomiti, abbinato ad un paio di pantaloni verde fluo. Ai piedi un paio di mocassini Tod' s blu elettrico. 
Gli tendo la mano abbronzata e stringo la sua. La sua pelle chiarissima, quasi trasparente, si lascia attraversare dalle vene che sembrano disegnate da un bambino maldestro con un pennarello blu scuro. I capelli biondo scuro gli fasciano la testa come un elmo medievale. 
‘Filippa Torre’ mi presento. ‘Credi, dunque, di poter fare qualcosa per noi?’ 
Roni mi riserva uno di quegli sguardi compassionevoli e pieni di tenerezza che si dedicano ai bambini che non sanno di cosa stanno parlando. 
‘Davide, caro e fraterno amico, non hai forse detto a questa gentile fanciulla chi sono e cosa faccio?’ chiede rivolgendosi a Davide. Il fratello di Enrico scrolla le spalle e gli sorride si rimando. 
‘Ok’ sospiro ‘abbiamo meno di un’ ora. Trova quelle foto, dovunque esse siano!’ gli dico esasperata mostrandogli il computer del mio ufficio. 
Lara ci segue come un cagnolino ma, stranamente per i suoi intollerabili standard, non dice una parola. Ha le mani incrociate sulla schiena da quando Roni ha fatto la sua comparsa. 
‘Ho bisogno di calma, per favore’ chiede Roni, una volta seduto davanti il mio computer fisso. 
‘Filippa, facciamo un giro?’ chiede Enrico rompendo finalmente quell’ insopportabile silenzio. 
‘Chiamatemi al cellulare, se avete novità’ prego.
Seguo Enrico fino agli ascensori. 


‘Sono più che certa che dietro questa storia ci sia quella maledetta puttanella’ inveisco mentre il vano d’ acciaio ci porta ai piani superiori. 
I laccetti del costume iniziano ad infastidirmi dietro la nuca. Mi massaggio delicatamente la parte arrossata sperando di riuscire a distendere i muscoli del collo. 
Le porte scorrevoli si aprono sul magazzino vuoto all’ ultimo piano. Enrico scende ingranando la quarta e scansandomi malamente. 
‘Oh, attento’  lo riprendo. 
‘Filippa che diavolo è successo tra te e mio fratello?’ chiede senza preamboli. 
‘Quando?’ chiedo ingenuamente. Enrico sgrana gli occhi e mi fissa incredulo. ‘Perché lo chiedi? Intendevo’
‘Quindi è successo qualcosa?’ chiede. 
‘Ma no che non è successo niente. Chiedevo solo il perché della tua domanda!’ cerco di salvarmi in calcio d’ angolo ma il danno è fatto. 
‘Vi ho visto, stamattina, in piscina. Ho visto le sue mani sulla tua schiena. Ho visto il suo viso a pochi centimetri dal tuo. La chimica, tra di voi, si poteva respirare a chilometri di distanza. Il suo corpo sul tuo, la tua pelle a contatto con la sua’ spiega rabbioso. 
Maledizione. Porca miseria. Diavolaccio. Vorrei dire anche delle parolacce ma mia mamma non sarebbe d’ accordo. 
‘Non è come credi’ mi giustifico. 
‘Che cliché. Non è come credo? E com’è, Filippa?’ 
‘Non c’è assolutamente nulla fra me e Davide. E’ tuo fratello e credevo potesse essere un amico per me, ma purtroppo non è così. Avevi ragione tu, non credo possa far parte delle nostre vite’ gli dico a malincuore. Credevo veramente nella possibilità di un loro riavvicinamento. 
Oltre le vetrate, il cielo nero viene illuminato da uno dei lampi più potenti che abbia mai visto. Il tuono che ne sussegue avvolge di tensione i nostri corpi. 
‘Cosa intendeva quando parlava di quello che è successo a New York? Non ho mai voluto sapere nulla di quella storia. Non ti ho chiesto che cosa ci facessi a casa sua, perché non eri in albergo, perché eri con lui… ma credo sia un mio diritto conoscere la vertià’ dice calmo. 
‘Non è successo nulla. Nulla di cui tu ti debba preoccupare. Puoi contare sul fatto che sono e sono stata completamente onesta con te. Davide non conta nulla per me. Nel mio cuore e nella mia vita ci sei solo tu’
‘Perché faccio fatica a crederti?’ mi domanda. Abbassa lo sguardo sulle sue scarpe. Le mani in tasca. La maglia a righe bianca e blu, troppo leggera per l’ inverno milanese, è sgualcita. 
Mi avvicino a lui e tendo la mano per accarezzargli il braccio ma si scansa con un gesto deciso. 
‘Enrico, ti prego, non dubitare di me; di noi. Non adesso’ lo supplico. In un istante tutta la stanchezza della giornata sembra pesarmi sulle spalle, sul cuore. Davide, Lara, il giornale, le foto, i dubbi di Enrico… E’ troppo per un solo giorno che doveva essere all’ insegna della tranquillità in uno dei posti più belli al mondo. 
‘Vieni a vivere con me’ dice ad un tratto. 
Sospiro. Perché deve complicare tutto, perché adesso. 
‘Praticamente vivo già a casa tua’ 
‘Ma hai sempre il tuo appartamento, la tua stanza, le tue cose sono ancora li. Cosa ti frena?’ 
‘Stiamo insieme da poco’ 
‘Hai dubbi?’ incalza. 
‘No, non è questo…’ biascico. 
‘E allora cos’è?’ insiste. 
‘Non credo sia il momento di prendere decisioni importanti. Siamo stanchi, impreparati. Il mio lavoro è appeso ad un filo e sono nelle mani di un informatico vestito da pagliaccio di nome Roni. Arianna che si sposa e se ne va. Il tempo che non basta mai. Dammi tregua, almeno tu’ supplico. 
‘Ho come la sensazione che non sono io a dubitare di noi’ 
Mi scaglia contro una di quelle occhiate malinconiche e turbolente che solo lui sa riservarmi. Uno di quegli sguardi che mi fanno male al cuore, all’ anima. 
‘E’ così importante per te?’ cedo. Non sono convinta della scelta che sto per fare. Le mie parole sono dettate dalla voglia di chiudere in fretta quella discussione inutile più che dalla reale voglia di lasciarmi alle spalle la mia vita spensierata nell’ appartamento di Piazza Amendola. 
‘Vieni a vivere con me’ ripete. I suoi occhi bramano una risposta affermative. 
‘Domani mattina mi faccio lasciare il numero della ditta di traslochi da Arianna’ acconsento. 
Enrico mi abbraccia. Per la prima volta, da quando stiamo insieme, le sue mani mi innervosiscono. Gli appoggio la testa sul petto e aspetto che il suo cuore mi calmi. Ma l’ unica cosa che voglio in quel momento è scappare via. Correre più veloce che posso. Eppure resto li, immobile, stretta in un abbraccio. 


Quando rientro nel mio ufficio trovo Roni comodamente appollaiato sulla mia sedia con le gambe poggiate sul davanzale della finestra. 
‘Fai pure come se fossi a casa tua’ commento acida entrando nella stanza dalle pareti bianche. 
Davide mi sorride scuotendo la testa. Ricambio il suo sorriso e per un attimo mi rilasso. La promessa appena fatta ad Enrico mi pesa addosso come un masso. 
‘Ditemi che avete trovato quelle maledette fotografie’ prego. 
‘Oh, tesoro, che tenerezza che mi provochi nel profondo del cuore. Le foto le abbiamo trovate, ovviamente, e le abbiamo già consegnate a quello strano ragazzo con i capelli all’ insù’ 
‘Grazie al cielo’ 
‘Se solo la tua assistente ci avesse detto che erano sul suo pc avremmo risparmiato molto tempo’ commenta Roni sarcastico. 
‘Assistente?’ chiedo. 
‘La bionda platinata che era qui un attimo fa’ mi spiega Davide. 
In un attimo tutti i miei dubbi su Lara Ferrandi vengono confermati. Se solo ce l’ avessi davanti la strangolerei con le mie stesse mani. 
‘Noi andiamo a mangiare qualcosa, vi unite a noi?’ chiede Davide a me e suo fratello. 
‘Non possiamo’ interviene prontamente Enrico. ‘Io e Filippa abbiamo qualcosa da festeggiare questa sera’ dice orgoglioso. Mi mette una mano intorno alla vita. Un leggero formicolio mi infastidisce alla bocca dello stomaco. Vorrei urlare, se solo non avessi la bocca completamente secca. Le cose mi stanno sfuggendo di mano. 



Continua...


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6 commenti:

  1. Ma le foto sono quelle giuste?
    Ma..ma..vabbè, aspetto il prossimo capitolo

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  2. Filippa, alla buon ora, buongiorno. Te lo doveva urlare in faccia per capirlo.

    Aaaaaaah santo cielo.

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  3. Bah..........
    Davide proprio mi sta sui maroni. E ora anche Filippa non scherza eh.

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  4. Da uomo meraviglioso, attraente, bello come il sole ed elegante, premuroso come tutte noi vorremmo, Enrico si è trasformato nel più piagnucoloso, egoista e rompimaroni dei miei incubi peggiori.
    Lo so che sono una voce fuori dal coro ma a me sti tipi che "ci sono io adesso e tutto il resto è noia" mi fanno proprio pena.
    Come si cambia opinione eh!!!
    W Davide (non avrei mai pensato di scriverlo)

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  5. Ho quasi fatto il tifo per Lara Ferrandi, per quanto mi ha fatto alterare Filippa che pare faccia di tutto per mettere in pericolo la sua storia con Enrico!

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  6. Ma povero Enrico è solo insicuro e ne ha ben donde. E' vero che il fratello lo fa solo per rubargliela anche se non se ne rende conto lui stesso, e lei è scema se fa qualche stupidaggine!!

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