domenica 11 marzo 2012

45 giorni a Vogue #Chapter 28



Se vi dico Natale, qual è la prima cosa che vi viene in mente? Nessun discorso religioso/trascendentale, per carità, siate onesti. So che non sono i buoni sentimenti ne lo zabaione caldo davanti il camino. So che il bacio sotto il vischio non c' entra e nemmeno tutti i dolci che uno si ripropone di non mangiare. Il primo campanello che suona nelle persone normali, quando viene nominato il Natale, è quello dei regali.
 La domanda è: perché io non sono normale?
Come diavolo ho fatto a dimenticarmene?
Come è successo che io mi sia ritrovata la sera della vigilia di Natale senza aver comprato nulla ad Enrico?
Enrico è seduto sul letto accanto a me, è passata da poco l' alba e New York si sta risvegliando sotto un sole freddo nel giorno di Natale. Indossa lo stesso pigiama dei fratelli, regalo di Ina, e mi sorride in fremente attesa. Mi ha messo in mano un pacchetto avvolto in una carta lucida rosso porpora sulla quale sono stampate delle renne sorridenti.
'Buon Natale, tesoro' dice allegro. Mi spinge con gli occhi a scartare la scatolina.
Sento delle goccioline di sudore freddo scivolarmi lungo la schiena. Devo inventarmi qualcosa. Devo inventarmi qualcosa in fretta.
'Enrico... ma non dovevi...' farfuglio.
'Che sciocchezze, è ovvio che dovevo! Che Natale è senza regali?'.
Ecco, appunto!
'Hai ragione ma io il tuo regalo... beh... non ce... non l' ho portato...' dico con un filo di voce.
'Da dove?'
'Da dove? Da Milano!'
Mi scruta con gli occhi. Il suo sguardo indagatore mi fa trasalire. Mi sento terribilmente in colpa per aver rovinato questo momento: il nostro primo Natale insieme e io mi scordo di comprargli un regalo. Potrei addurre lo stress per i quarantacinque giorni a Vogue; l' ansia per il colloquio in America; l' incidente... ma niente sarebbe sufficiente a giustificare la mia mancanza. Come ho fatto a dimenticarmene?
'Ho visto una cosa, un po' di tempo fa, e te l' ho presa. Non era previsto che rimanessimo così tanto a New York. Pesavo di dartela a casa dei miei, la sera di Natale, come era previsto!'
La mia scusa sembra credibile. Mi sto silenziosamente congratulando con me stessa.
'Dicono che fare programmi è il miglior modo per far ridere Dio' sorride Enrico dandomi un buffetto sulla mano 'apri il mio regalo, su'.
Gli sorrido, non so proprio cosa io abbia fatto per meritarmi un uomo così ma qualunque cosa sia dev' essere davvero grossa. Per un attimo mi dimentico della figuraccia appena fatta e accarezzo con gli occhi il pacchetto che ho tra le mani, cosa potrà essere mai?
Lascio scivolare le unghie sotto il bordo della carta colorata fino a che non si stacca lo scotch che sigilla i due lembi. Una scatola grande quanto un cubo di Rubik di pelle rossa esce dall' involucro. L' inconfondibile bordatura dorata che si disegna in sottili fili intrecciati mi fa trasalire. Ha comprato il mio regalo da Cartier? E' pazzo.
Alzo per un momento gli occhi e incontro il suo sguardo.
'Avanti, aprilo!' mi incita.
Premo delicatamente il pollice sul gancio dorato, un piccolo scatto rivela il contenuto della scatoletta. Un cuore disegnato da una fila di brillanti appeso ad un delicato e sottile filo d' oro bianco fa bella mostra di se. Le pietre luccicano, come fossero raggi si sole sull' acqua, in contrasto con la seta nera che riveste l' interno della scatola.
'Sei pazzo' sussurro non riuscendo a staccare gli occhi da quella meraviglia, 'dev' esserti costato una fortuna'.
'Di solito è per questo che si lavora: per poter spendere. Ti piace?' chiede orgoglioso.
'E me lo chiedi?'
Enrico mi toglie la scatoletta dalle mani e sfila la collana dai ganci.
'Posso?' chiede. Gli faccio cenno di si con la testa. Scosto i capelli e lascio che Enrico agganci la collana al mio collo. Sigilla il tutto con un morbido bacio proprio alla base della nuca.
'Ti amo, Filippa'
'Spero di meritarmelo' gli dico sincera. Lui scoppia in una gran risata.
'Non sai ancora a cosa vai incontro' dice. Sembra quasi una sfida.

Dopo la breve chiacchierata di ieri con Ina ho accuratamente evitato Davide dribblando ogni suo tentativo di conversazione. Non sono certa di cosa pensi al riguardo, trovo quasi buffo che Ina si accorga dei sentimenti di Davide dato che ci ha visto insieme solo per poche ore. A meno che Davide non gli abbia detto qualcosa ma ne dubito fortemente. Comunque è il venticinque dicembre ed è il primo Natale che Enrico passa con suo padre dopo moltissimo tempo; domani saremo di nuovo in Italia e molto probabilmente non rivedrò Davide per molto, molto tempo.
Scendiamo al piano di sotto, dove la famiglia ci aspetta per la colazione, mano nella mano. Enrico non si è tolto il pigiama per far contenta Ina. La lunga chiacchierata con il padre di ieri pomeriggio deve aver portato i suoi frutti: era stranamente rilassato dopo.
Lui non si è soffermato sui dettagli e io non ho voluto insistere per sapere cosa si sono detti ma vederli cordiali tra di loro mi fa sperare in un riavvicinamento.
Per una famiglia che si riunisce ce n'è sempre un' altra che si sfascia! Sorrido al pensiero dell' ultima telefonata di mia madre sul piede di guerra.
'Filippa, controlla la tua e-mail, per favore' ha esordito questa mattina 'siamo stati in agenzia e abbiamo prenotato il volo di rientro per te ed Enrico per il ventisei mattina. E' ora che tu torni a casa, signorina' ha detto piccata. Credo ci sia rimasta davvero male che io non abbia passato le feste con loro. Qualsiasi età abbiamo, per i nostri genitori, saremo sempre i loro bambini!
La famiglia Carrisi è riunita intorno al tavolo da pranzo addobbato a festa. Un imponente centro tavola di rami intrecciati e nastri rossi e oro è posizionato in mezzo all' imponente mobile di legno. Ai lati del tavolo, su alte madie, sono disposte leccornie di ogni genere.
'Ragazzi, finalmente siete scesi! Prendete un piatto e servitevi' ci accoglie Ina. Ha i capelli racconti in una coda di cavallo bassa che le ricade, morbida, sulla spalla sinistra. Il suo esile corpo è fasciato da una vestaglia di seta color pesca in tinta con il pigiama. Anche senza trucco rimane una donna estremamente affascinante.
L' atmosfera è rilassata. I Carrisi ci hanno inserito nel loro abituale quadro familiare come se avessimo fatto parte di quell' insieme da sempre. La loro gentilezza educata; i loro sorrisi  cordiali e le loro risate calorose per qualche stupida battuta hanno fatto da sfondo ad un Natale sereno. Di certo nessuno di noi se l' aspettava. Il comportamento di Enrico è stato una sorpresa per tutti. Ognuno di noi ha tirato un sospiro di sollievo nel vederlo partecipe alla vita di questa famiglia. Ha dato una possibilità a suo padre, ad Ina e ai fratelli. Non a tutti, però. La tensione tra lui e Davide, seppur celata da convenevoli e recite di copioni di film in perfetto stile natalizio, è rimasta palpabile.
'Non avevo mai mangiato tanto' dico dopo un lungo sospiro. Durante i quattro giorni trascorsi in casa Carrisi ho assunto le stesse calorie che una modella ingerisce in tre mesi.
'Andiamo a riposare? Domani si torna alla realtà' mi propone complice Enrico. Gli sorrido e gli accarezzo il ginocchio lentamente, fino all' interno coscia, sotto il tavolo. 'Andiamo' confermo. Il pensiero che il giorno della verità è vicino mi fa tremare. Se non dovessi ottenere il lavoro a Vogue non so proprio cosa dovrei fare. Non mi sono mai immaginata da nessuna altra parte; non posso fare altro che questo. Scaccio il pensiero prima di abbandonarmi alla commiserazione. E’ inutile bagnarsi prima che piova. Era così il detto, vero?
Salutiamo tutti e ci ritiriamo nella nostra stanza. Il letto, perfettamente apparecchiato, è invitante. Le coperte morbide, il letto a tre piazze e gli alti cuscini di piuma, in tipico stile americano, mi chiamano e mi tentano come fecero le Sirene con Ulisse.
'Sono davvero distrutta' sussurro ad Enrico prima di abbandonarmi al materasso completamente vestita.
Poco dopo tutto diventa buio e i miei pensieri si interrompono in un lampo. Come per magia mi ritrovo placida in quello che deve essere il sonno più profondo che esista.
Sbatto lentamente le palpebre. Una volta. Due volte. Tre volte, prima di realizzare che sono a New York, nella stanza di Enrico. Cerco tastoni il cellulare sul comodino per vedere che ore sono. 2.57 AM. Sono le tre del mattino; ho dormito meno di quattro ore. Mi ricordo di essere salita in camera con Enrico, dopo cena, e di essermi adagiata sul letto vestita, poi il buio. Lascio scorrere la mano, sotto il pesante piumone blu scuro, dal seno fino alla pancia, sul tessuto morbido che indosso: Enrico deve avermi spogliato e messo il pigiama senza che me ne accorgersi.
Enrico è accanto a me. Mi da le spalle; dorme rannicchiato in posizione fetale. Le coperte, tirate fino alle spalle, si alzano e s' abbassano al ritmo del suo respiro. Mi volto lentamente su un fianco e poso i piedi sulla morbida moquette; non capirò mai questo vizio tutto americano di ricoprire di moquette ogni cosa. Quando esco i piedi dal letto -che sia estate, inverno o primavera- devo sentire il freddo di un pavimento di ceramica o marmo sotto la pianta dei piedi.
Mi faccio luce con il cellulare fino alla porta, abbasso lentamente la maniglia per non svegliare Enrico ed esco dalla stanza in punta di piedi. Attraverso il lungo corridoio a piedi scalzi fino alla scalinata di vetro ed acciaio che porta al piano di sotto. Finalmente la sensazione di freddo che bramavo. Seguo il soggiorno, le lucine dell' albero di Natale sono spente e l' unica luce che riscalda il buio della notte è quella che viene dalla strada e dai palazzi circostanti.
Supero il soggiorno e la stanza da pranzo, testimone dei quattro chili presi in questi giorni, e vado verso la cucina. Mi arresto: la luce della cucina è accesa. Il ticchettio ritmico di posate che sbattono arriva placido ma profondo dalla stanza illuminata: qualcun' altro, in casa, non riesce a dormire. Sicuramente non è Enrico, mi dico ripensando alla sua schiena, coperta dal pigiama regalatogli da Ina, appena lasciata al piano di sopra.
Entro senza fare rumore incuriosita; ormai il sonno mi ha del tutto abbandonato!
La vita, all' altezza del pube, appoggiata al piano di lavoro in granito bianco. Le maniche del pigiama arrotolate in più giri fino ai gomiti. Le braccia leggermente imbiancate dalla farina. I capelli castani arruffati; gli occhi verdi un po' gonfi. Davide è in cucina alle prese con una strana mistura. Il cucchiaio, immerso nel bianco liquido dentro la ciotola che tiene in mano, sbatte in maniera veloce e costante secondo il suo volere. Lo fisso per alcuni secondi, in silenzio, affascinata da quei movimenti decisi e rassicuranti. Il suo corpo è concentrato sul movimento ma la sua testa è assolutamente da un' altra parte. Gli occhi fissi, quasi sbarrati, rivelano i suoi pensieri distanti. Poi, d' un tratto si riprende ed alza lo sguardo. Posa gli occhi verdi su di me e mi guarda stranito.
'Filippa, che fai in piedi a quest' ora?' chiede.
'Potrei farti la stessa domanda'
'Non riuscivo a dormire' si giustifica ' così ho deciso di scendere giù e fare un plum cake per domani mattina. Cucinare mi rilassa molto. E' forse l' unica cosa che io ed Enrico abbiamo in comune; una delle tante che abbiamo sperato Anita facesse per noi'
'Io non so fare nemmeno un uovo fritto' confesso.
'Dio li fa e poi li accoppia. Meno male che Enrico, in cucina, se la cava parecchio bene. Da che mi ricordi, s' intenda'
'Si, è piuttosto bravo' confermo 'anche se non sono proprio la persona più adatta per giudicare. Per me è un genio anche chi è capace di mettere una pizza surgelata in forno ed uscirla prima che si carbonizzi'
Davide abbozza un sorriso. Sembra davvero divertito da quella affermazione. Gli occhi persi di poco fa sembrano svaniti nel nulla. Una raggiera di rughette d' espressione di apre ai bordi del volto.
'Ti va di aiutarmi?' chiede.
'Non credo di esserne in grado'
'Non sottovalutarti. Vieni, aiutami a montare l' impasto'
Faccio il giro dell' isola al centro della cucina e mi poggio al piano di lavoro accanto a Davide. Mi alzo le maniche del pigiama, imitandolo, e lo ascolto attentamente.
'Bisogna fare in modo che i grumi di farina si rompano e che la povere si mischi al latte e alle uova. E' molto importante che la forza nel braccio sia dosata, moderata. L' impasto deve mantenere la sua porosità se si vuole un plum cake soffice e corposo' mi spiega.
Ascolto affascinata le sue parole. L' uomo arrogante, elegante nei suoi vestiti cuciti su misura, abituato a maneggiare enormi cifre di denaro come fossero gli spicci appena usciti dal salvadanaio di un bambino, ha lasciato il posto ad un cuoco provetto con le braccia sporche di farina.
'Vieni, prova' mi dice ' non lasciare che il composto si stanchi'
Mi avvicino e afferro il cucchiaio. La sua mano sfiora la mia, un secondo soltanto, mentre mi passa l' utensile immerso nel composto. Un convoglio di cellule impazzite migra fino al punto in cui la sua pelle s'è mischiata alla mia e uno strano calore accarezza la zona.
Inizio a mescolare l' impasto per il plum cake cercando di imitare i movimenti di Davide. Ma mentre lui sembrava aggraziato e tranquillo io sembro impacciata e incapace. Che poi è quello che sono.
'Gesù, sei proprio negata!' afferma divertito Davide, 'lascia che ti aiuti'.
Si avvicina a me, dietro di me. Con due dita mi sposta i capelli, stropicciati dal sonno, da un lato. Il tocco leggero dei suoi polpastrelli sul collo mi provoca un brivido lungo la schiena. La sua mano indugia sulla pelle nuda del mio avambraccio e scivola fino alla mano destra. La sua mano grande accoglie la mia in una stratta salda, forte, ma delicata e dolce, allo stesso tempo. Afferra la mia mano e la frusta e comincia a girare lentamente l’ impasto per il dolce. I suoi movimenti sono ritmici e delicati. Il suo braccio è poggiato sul mio.
Davide si avvicina sempre di più a me. Il suo corpo muscoloso è adagiato sul mio, contro il piano di lavoro in acciaio. Solo il sottile strato di stoffa dei nostri pigiama, a contatto, ci divide.
‘Vedi, è semplice’ mi sussurra. Il suo respiro è caldo; le sue parole mi scivolano sul collo, indugiando sull’ incavo scoperto dai capelli.
‘Mmmm’ riesco a dire. E’ troppo vicino.
Davide mi cinge la vita con la mano libera. Il suo tocco caldo attraversa l’ ultimo bottone della camicia del mio pigiama e si posa, aperta, sul mio ventre nudo.
‘Si stanno formando le prime bolle: è questo che renderà il plum cake soffice!’ continua a dire come se nulla fosse mentre il suo corpo è incollato al mio. Lo sento eccitato, dietro di me. Mentre la sua mano guida ancora il mio braccio nel mescolare l’ impasto; mentre mi tiene salda a lui e la pelle mi brucia seguendo i contorni del suo corpo appoggiato al mio, Davide posa le labbra calde nell’ incavo del mio collo.
‘Filippa’ sussurra. Il suo profumo è inebriante. Brividi di piacere mi vibrano dentro, li sento arrivare al cervello. Lascia andare la frusta e per un attimo ci dimentichiamo dell’ impasto, che si smonterà di sicuro dimostrando –ancora una volta- che non sono capace di cucinare. Le sue mani sono salde su di me; la sua bocca disegna baci e carezze sul mio collo e, dietro, sulla nuca, all’ attaccatura dei capelli.
‘Davide, ti prego…’ Un barlume di lucidità si attacca alla mia bocca; il mio cervello, con quelle parole, spera di fermarlo; il mio corpo, con le stesse parole, vorrebbe che non smettesse. Sono eccitata, in balia del suo tocco e di quello che potremmo fare in quella cucina mentre tutti dormono; mentre Enrico non sospetta nulla.
Mi gira lentamente. Le mani di Davide sono ancora salde, sotto il pigiama, sulla mia vita. Il suo corpo vibrante di eccitazione e voglia è su di me. Il mio seno sul suo petto. La mia schiena, leggermente inarcata, è indecisa se ritornare ad una posizione eretta ed avvicinarsi ancora di più o incurvarsi il più possibile e scappare. Scappare via dal desiderio dell’ errore; da quel corpo scolpito, da quegli occhi penetranti che mi ricordano Enrico in ogni movimenti. Oddio, Enrico…
Le labbra carnose di Davide, del colore delle fragole di maggio, succose e dolci, sono a pochi millimetri da me. Ci divide lo spazio di un soffio.
‘Ti voglio, Filippa. Vieni via con me’. Il suo alito caldo e dolce e le sue parole mi fanno girare la testa. La sua mano, aperta sulla mia schiena nuda, sotto il pigiama. Il suo corpo eccitato contro il mio, eccitato a sua volta. Niente ci fermerebbe.
Poi, nello spazio di un secondo, mentre i suoi occhi sono socchiusi, la mia mano si poggia sulla sua bocca. Lui, stranito, abbandona la presa e riesco ad allontanarmi dal suo corpo di perdizione.
‘Non puoi farmi questo’ urlo disperata. Sento le goccioline di sudore mischiarsi al profumo di eccitazione, di voglia di lui. Mi sento quasi sporca.
‘Lo vuoi quanto me’. Le braccia possenti appoggiate all’ acciaio ancora caldo del calore di noi. Lo sguardo basso. Il respiro che pian piano ritorna regolare mentre i nostri cuori, insieme, cavalcano ad un ritmo inumano.
‘E’ solo voglia di colmare quel varco di solitudine che ti sei creato intorno’. Lo accuso e mi sento morire.
‘La solitudine è il prezzo che ho deciso di pagare per la mia libertà. Ma tu sei qui, sei reale’
‘L’ unica cosa reale, tra di noi, è Enrico’ affermo.
Esco dalla cucina incollerita. Con me stessa, per aver messo in dubbio il mio rapporto, anche se solo per un attimo e mai con la testa. Con lui, per avermi fatto vacillare.
Sento la ciotola con l’ impasto volare per terra. Un tonfo secco. La sua voglia di me si è tramutata in rabbia nel giro di pochi minuti. 

Continua... 

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9 commenti:

  1. Fiuuuu, meno male che Filippa ha ripreso a ragionare, tremavo al pensiero che potrebbe rovinare tutto per un colpo di testa!!
    Certo che Davide è un bel bocconcino però...

    Quanto mi piacerebbe ricevere un pacchettino simile per Natale :0)
    Brava Robi, ma adesso non ci fare aspettare tanto per il seguito eh!

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  2. Filippaaa: Enrico ti ha appena regalato una collana di Cartier e tu ti metti a cucinare plumcake??? Santa madre che ha prenotato il volo, così se ne vanno da New York e 'sto Davide ce lo togliamo di torno per un pò!

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  3. le donne si meritano sempre un regalo! ti seguo baci ady

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  4. Finalmente!! Dai Filippa, lascia perdere i gioielli costosi e scappa con Davide!! Plumcake forever.

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  5. oddio... non so come ha fatto a resistere! adoro Enrico ma Davide proprio mi fa sciogliere! :D Robi complimenti, bellissimo capitolo!! *__*

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  6. Direi che Filippa ha aspettato anche troppo per allontanare Davide -_-
    CHE SI VERGOGNI.

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  7. Grazie per la tua visita nel mio bloe, mi ha fatto molto piacere :)
    Molto interessante il tuo, e bella quest idea di postare un libro scritto da te, complimenti, ti seguo con piacere!
    Quando vuoi ripassa da me :)

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  8. Io non capisco come ancora non vi siate sciolte al solo pensiero di Davide.
    Un grazie immenso a tutte, Robi

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